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Fabio Ferzetti • Delegato generale Venice Days

"Scelgo la sorprendente vitalità del cinema dell'Europa centro-orientale"

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Nate cinque anni fa come vetrina del miglior cinema europeo, le Giornate degli Autori - Venice Days hanno abbandonato sin dalla seconda edizione questa loro specificità, allargando i propri confini al resto del mondo. La sezione (indipendente, promossa nell’ambito della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia dall’Anac - Associazione autori cinematograficie dagli autori dell’API - Autori Produttori Indipendenti) continua però a dare ampio conto di quanto di buono si produce nel vecchio continente. Al punto che dall’Europa provengono ben dieci degli undici lungometraggi selezionati. Ne parliamo col critico cinematografico Fabio Ferzetti, al suo terzo mandato come Delegato generale dei Venice Days.

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Cineuropa: Iniziamo da questo accentuato europeismo…
Fabio Ferzetti: Il motivo è semplice, i film più interessanti che abbiamo visto provenivano dall’Europa: soprattutto quella centro-orientale, che ci ha stupiti per la sua vitalità. Se dovessi indicare i due titoli più sorprendenti, sceglierei lo sloveno Landscape No.2 [+leggi anche:
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di Vinko Möderndorfer, ma soprattutto Hooked [+leggi anche:
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intervista: Adrian Sitaru
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del rumeno Adrian Sitaru, un’opera stravagante, che incolla lo spettatore allo schermo con le sue situazioni paradossali e inconsuete, e lavora molto sul non-detto.

A livello tematico, c’è un filo conduttore che attraversa il programma?
È l’anno del dubbio. Molti film riflettono le profonde crisi d’identità di democrazie vecchie e nuove, e più in generale delle società occidentali: il ladruncolo di Landscape No.2, per esempio, non conosce nulla della storia del proprio Paese.

A proposito di questo film, in conferenza stampa lei parlò di clima “hitchcockiano”…
Sì, è un thriller che inchioda alla poltrona: l’insistenza sull’edonismo del protagonista, e soprattutto sulla sua esuberanza sessuale, abbassa le difese del pubblico, che col passare dei minuti si ritrova immerso in un bagno di sangue quasi horror.

Da un punto di vista stilistico, che tipo di film vedremo?
Abbiamo scelto opere di grande qualità che hanno il solo “difetto” di non puntare sull’innovazione ad ogni costo, di non cercare un linguaggio provocatorio: sono quasi tutti film piuttosto classici, e per questo difficili da “vendere”. Forse l’unico stilisticamente incandescente, e formalmente bellissimo, è il finlandese The Visitor. Gli altri titoli parlano una lingua media, a cominciare da Stella () [+leggi anche:
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di Sylvie Verheyde, ma esprimono una forte tensione cinematografica: sono in grado di parlare ad un pubblico vasto, e di avvicinarlo a soggetti tutt’altro che ovvii. Si affidano allo scavo psicologico, e alla complessità del racconto, piuttosto che agli esibizionismi formali.

Ci dice qualcosa dei due titoli italiani?
La selezione italiana è piuttosto indicativa della pluralità di proposte, dal punto di vista produttivo: da un lato Machan [+leggi anche:
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, coproduzione piuttosto confortevole girata in Sri Lanka da Uberto Pasolini, il produttore di Full Monty. Dall’altro un vero e proprio no-budget, Un altro pianeta - One Day In A Life [+leggi anche:
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di Stefano Tummolini.

Ha citato due esordienti (pur di lunga esperienza, come Pasolini), ma in programma ci sono anche le opere di nomi già affermati…
Il ceco Bohdan Sláma, l’autore di A Country Teacher [+leggi anche:
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intervista: Bohdan Slama
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, ha già vinto molti premi, ma in Italia è praticamente sconosciuto. È piuttosto nota anche la belga Patrice Toye di Nowhere Man [+leggi anche:
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, che mi auguro qualcuno abbia il coraggio di distribuire in Italia.

Come sempre, accanto alle proiezioni, i Venice Days offriranno anche momenti di dibattito…
Sì, tra i più attesi c’è l’incontro Le club des 13: un confronto europeo. A partire da un agguerrito dossier diventato un best-seller oltralpe, rifletteremo sul sistema cinematografico francese: che da noi è molto invidiato, ma in patria è stato messo sotto accusa dagli stessi addetti ai lavori.

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