Paolo Sorrentino • Regista
"Ho esplorato luci e ombre di un mistero italiano"
- Raccontare la natura occulta del potere. Non viaggiando solo sui binari della pura rappresentazione dei fatti ma anche su quelli dell'emozione. Come hanno fatto Elio Petri e Francesco Rosi
"L'Italia si caratterizza per la natura occulta di un potere che persiste, per il grado di trasparenza molto più basso rispetto ad altri paesi occidentali", dice Paolo Sorrentino. A racchiudere la natura occulta del potere, secondo il regista (e molti altri), è il senatore Giulio Andreotti, per sette volte a capo del governo, dal 1972 al 1992. "Non c'è nessuno più icastico di lui". E così Sorrentino ha dedicato ad Andreotti il suo quarto film, Il Divo [+leggi anche:
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scheda film], Premio della Giuria al Festival di Cannes 2008.
Visto l'argomento, non è stato facile produrre il film, soprattutto senza rivolgersi al duopolio Medusa/RaiCinema. Dice il produttore Andrea Occhipinti: "Sorrentino è uno dei registi più interessanti del momento, tutti vogliono coprodurre un suo film. Ma dopo aver letto la sceneggiatura si sono dileguati. Stessa cosa per il product placement".
Cineuropa: Pensava da molto tempo ad un film su Andreotti?
Paolo Sorrentino: Questo film volevo farlo da sempre, ma pensavo che fosse un progetto irrealizzabile e infatti era così. Per la sceneggiatura, si trattava solo di scegliere nella mole immensa di materiale su Andreotti, migliaia di articoli e libri. Alla fine ne sono venuto a capo. Ho studiato le sue caratteristiche personali e le ho messe in scena nelle loro contraddizioni: Andreotti ha sempre alimentato il mistero intorno a sé, ma è anche riuscito da accreditarsi come un buon padre di famiglia presso molti italiani. Volevo comunque evitare i cliché, buono o cattivo, ma raccontare il personaggio a tutto tondo, esplorando luci e ombre. Oltre al suo grande cinismo emergono i tratti umani.
Come ha reagito Andreotti al film?
Si è stizzito. E questo è un gran risultato, perché lui è celebre per la sua imperturbabilità alle critiche. Si è sbilanciato e ha detto quello che pensava. Questo conferma la forza del cinema, che non viaggia solo sui binari della pura rappresentazione dei fatti ma anche su quelli dell'emozione.
Il film può servire a parlare di un certo modo di fare politica?
Sarebbe bello se si parlasse di cinema prima di tutto, non lasciare che l'aspetto politico prendesse il sopravvento. Ma è anche necessario che si riaprano capitoli oscuri della vita politica italiana che non si sono mai chiusi veramente.
Per la tematica e i toni satirici, il film ricorda alcuni film italiani degli anni Sessanta e Settanta.
Elio Petri e Francesco Rosi. Soprattutto Petri, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e Todo modo. Ho guardato alla novità del suo linguaggio cinematografico.
Lei ha usato un linguaggio a tratti surreale, molto efficace.
Pr raccontare tanti anni di storia italiana e dovendo ricorrere alla sintesi, ho capito che dovevo procedere per astrazioni. Puramente funzionali alla narrazione, non legate al desiderio di girare immagini surreali.
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