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FILM / RECENSIONI

Alle Anderen

di 

- Maren Ade sviluppa, attraverso la complicità e i conflitti di una coppia in vacanza, un linguaggio cinematografico fondato su un sottile spirito d'osservazione

Dopo il pluripremiato film The Forest for the Trees che descriveva la lenta perdita di punti di riferimento da parte di un'insegnante trasferitasi in città, ritroviamo in Alle Anderen [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Maren Ade
scheda film
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, secondo lungometraggio della giovane regista Maren Ade (32 anni), una sottile attenzione alle piccole dinamiche psicologiche e relazionali quotidiane, che ha doppiamente conquistato la giuria dell'ultimo Festival di Berlino (Gran Premio, ex aequo, e Orso d'argento della migliore attrice).

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Questo film dallo sviluppo lineare segue una coppia di tedeschi, il gentile ma disinvolto Chris (Lars Eidinger) e l'esplosiva Gitti (Birgit Minichmayr), nella loro vacanza in Sardegna, ora soli, ora in compagnia di una coppia di amici, Hans e Sana. La relazione fin troppo perfetta di questi ultimi due ispira naturalmente a Gitti e Chris una diversa percezione della propria. Le scene si susseguono al canto delle cicale e mostrano talvolta l'armonia della coppia (come quando si inventano un personaggio di nome Schnappi, bisbigliano e tramano contro l'invadente Hans...), talvolta i loro disaccordi e le loro frustrazioni (quando Chris, stanco di ascoltare Gitti, la caccia dal letto, o quando una sera la lascia sola per andarsi a ubriacare con Hans). Ade traccia senza fretta il ritratto di un'intimità tipica (filmata a prezzo di lunghe giornate di lavoro meticoloso) in cui lo spettatore potrà ritrovare elementi familiari e cogliere in ogni piccolo dettaglio tutti i gradi di una complicità vacillante, impregnandosi sempre più del sentimento di una profonda e irrimediabile estraneità del partner. Quest'ultima è esasperata dall'arrivo dell'altra coppia poiché la presenza di persone estranee costringe Gitti e Chris a indossare diverse maschere che accrescono le dissonanza tra di loro: quella dell'esclusa dal gruppo, poi della buona padrona di casa per lei, quella dell'amico troppo affabile che arriva a prendersi gioco di Gitti e della propria madre solo per far divertire i suoi amici...

Il confronto, che si fa sempre più preponderante, è sostenuto da un motivo fondamentale piuttosto classico: dinanzi alla mancanza di premura, all'indecisione e alla viltà di Chris quando si tratta di rispondere alle sue promesse d'amore, Gitti diventa un po' troppo pressante, irascibile e talvolta leggermente isterica, e così invece di avvicinarlo, lo allontana... Fino a quando lui non le dice quello che lei vuole sentirsi dire, ma a quel punto sarà Gitti ad avere qualche ripensamento. Il film raggiunge così il suo punto critico nelle "scene" (nel senso proprio e figurato del termine) finali, orchestrate da una Gitti che, nonostante gli sforzi profusi nel corso del film, non aveva ancora dato tanto spettacolo, ma allo stesso tempo ritrova un certo controllo sulla sua relazione con Chris.

Maren Ade conferma in questo secondo film di aver saputo creare un proprio linguaggio, un linguaggio ricco ma discreto fatto di innumerevoli e pertinenti osservazioni sulla psicologia umana, un linguaggio che riconcilia i suoi personaggi malgrado tutte le controversie, perché alla fine, che lo vogliano o no, in due formano un'entità con i propri codici e le proprie idiosincrasie, un universo di cui solo loro possiedono la chiave.

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(Tradotto dal francese)

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