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VENEZIA 2009 Concorso / Germania

Herzog si sdoppia

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È stata una decisione irrituale (e contestata da molti), quella del direttore Marco Müller, che per la prima volta “nella storia recente della Mostra” – per dirla col comunicato ufficiale della Biennale – ha voluto includere nel Concorso due film dello stesso autore. La cosa che stupisce di più, però, è che il regista in questione, pur con quarant’anni di carriera alle spalle, non avesse mai corso, prima d’ora, per il Leone d’oro.

Si tratta di Werner Herzog, capofila negli anni ’70 del Nuovo cinema tedesco, cineasta estremo con un debole per uomini e storie “bigger than life” e una predilezione – cresciuta negli ultimi tempi – per il documentario (Grizzly Man).

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Sono opere di fiction, invece, quelle presenti quest’anno al Festival (ma c’è anche una Boheme africana tra i cortometraggi della sezione Orizzonti), girate entrambe negli Stati Uniti: Il cattivo tenente – Ultima chiamata New Orleans (già in sala in Italia con 01 Distribution) è un libero remake del Cattivo tenente di Abel Ferrara, che Herzog giura di non aver visto. C’è da credergli: i temi tipicamente cattolici dell’originale (la colpa e il perdono, soprattutto) sono soltanto un ricordo. Ambientato nella New Orleans post-Katrina, il film segue un poliziotto drogato e corrotto (interpretato da Nicholas Cage) nella sua inarrestabile carriera. L’ascesa, a colpi di delitti senza castigo (e con la fortuna spesso dalla sua), è punteggiata da un uso allucinato e personalissimo della musica che si combina con momenti di cinema autenticamente visionari. Stupisce che molti – al Lido – abbiano scambiato il film (interamente prodotto con capitali americani) per un thriller puramente alimentare.

È più “autoriale” – a cominciare dal titolo, My Son, My Son, What Have Ye Done? – il secondo capitolo dell’ideale dittico. Diversissimo per stile e per formato (girato in un digitale tanto freddo quant’è pastoso il 35mm dell’altro), parte da un fatto di cronaca realmente accaduto, l’omicidio di una donna da parte del figlio (Michael Shannon, di nuovo disadattato dopo Revolutionary Road), per raccontare – parole del regista – “un horror senza sangue e scene cruente, dove la paura striscia sotto pelle”. L’inquietudine della provincia americana ricorda i capolavori di David Lynch (non a caso produttore insieme alla tedesca Defilm), creando un corto circuito che rende difficile – e forse inutile – distinguere dove finisca l’universo lynchiano e dove cominci quello di Herzog: che di indiscutibilmente suo, comunque, ci mette alcune sequenze folli e “fuori registro” (su tutte la corsa degli struzzi) che fanno del film un “oggetto non identificato” ostico ma suggestivo.

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