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FILM Italia

Un Barbarossa targato Lega Nord

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Non c’è film di Renzo Martinelli che si salvi dalle polemiche, preventive e non: un po’ è “colpa” dei giornali, che stavolta hanno cavalcato il colore politico dell’operazione (verde Padania, visto che la Lega Nord è lo sponsor ufficiale, con tanto di cameo del leader del partito Umberto Bossi nei panni di un nobile lombardo), ma di certo il regista non fa nulla per sottrarsi, e viene “persino” il dubbio che se le cerchi.

Il basso profilo, infatti, non gli si addice: lui scende nell’agone (mediatico), un po’ come il suo Alberto da Giussano, che sfida in campo aperto il Barbarossa [+leggi anche:
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. Eccoli, i due protagonisti del nuovo film: da un lato un umile fabbro milanese (interpretato da Raz Degan), dall’altro il sovrano che sognò di riunificare l’impero. Intorno a loro, l’Italia del XII secolo, il nord litigioso sconfitto e depredato dal potere centrale (chiara la metafora?), finché i Comuni vessati non capiscono che l’unione fa la forza, decidendo di abbandonare per il tempo di una battaglia (quella di Legnano, 29 maggio 1176) la politica dei campanili.

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Ambizioni epiche (inusuali per il cinema italiano che, stando a Martinelli, “ha sempre manifestato una naturale ritrosia nei confronti del genere”), che avrebbero meritato maggior fortuna, e minor abuso di effetti digitali: perché il “crowd replication” di cui il regista va tanto orgoglioso, e che moltiplica le comparse (reclutate in Romania, al popolo della Lega chi glielo dice?), può poco quando le mura di Milano – che dovrebbero essere solide, imponenti, imprendibili – sembrano, e forse sono, di cartongesso.

Insomma, nonostante i soldi spesi – si parla di 30 mln di dollari, e stavolta Martinelli, di solito orgogliosamente autarchico, ha chiesto qualcosa pure al MiBAC – l’impressione è quello di un kolossal “dimezzato” in tutto fuorché nella durata (ma in tv si vedrà una versione più lunga dei 140’ attuali), povero quando dovrebbe dimostrare la propria magnificenza (scenografie, costumi, assedi e scontri campali). E che neppure il cast (stellare solo sulla carta, visto che proprio Rutger Hauer nel ruolo di Federico di Svevia, e F. Murray Abraham in quello di Siniscalco Barozzi, sono i più spaesati) salva da involontari effetti parodistici.

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