Cinema dell'Est per osservare il presente
"Questa mattina mi sono svegliata perché mi sono dimenticata di morire". Queste le parole di una giovane donna ungherese a un ragazzo incontrato in un parco, dopo che la sua relazione sentimentale si è bruscamente interrotta. In precedenza, un errare senza meta, tra un passato che lascia segni indelebili e, di contro, un presente che non riesce a tradurre quegli stessi segni, che si riferiscano all'Olocausto, al nazionalismo, al comunismo o a banali storie d'amore. Segmenti di vita tracciati in Europa, East da Anita Doron, regista in movimento, originaria della Transcarpazia, emigrata in Canada, che con poche centinaia di euro e la complicità di sua cugina, attrice per un giorno, racconta in Ungheria i nostri tempi.
Susa, un dodicenne georgiano, cresciuto troppo in fretta, costretto a lavorare in una fabbrica clandestina di vodka, spera che prima o poi torni suo padre per cambiare vita e tornare a essere un ragazzino. Il padre torna, ma l'agognata via d'uscita resta ostruita. Rusudan Pirveli, regista di Susa, laureata in lingua e letteratura giapponese e in seguito in cinema, è una delle poche rappresentanti della cinematografia georgiana, ma il suo racconto va oltre, perché il desiderio della vita che si vorrebbere vivere contro l'obbligo della vita che si deve vivere, è la nostra eterna contraddizione.
Questi film rappresentano solo due esempi del cinema proveniente dall'est europeo visto quest'anno al Festival di Rotterdam. Storie nelle quali la finzione è una modalità per riordinare la documentazione della realtà, e i personaggi inventati sono interpretati in molti casi da attori non professionisti simili ai protagonisti da loro incarnati. Su tutti il serbo The Old School of Capitalism di Zelimir Zilnik, documentario politico, commedia esilarante, continuo alternarsi di uomini a metà tra l'essere operai derubati e attori che raffigurano l'ostinata ricerca di un riscatto, di una giustizia che pare averli e averci abbandonato.
Piccole e irrinunciabili virtù di un cinema che osserva il presente e lo riformula in una storia che è materia viva, dinamica, senza perimetro, composta per essere ospitata dalla nostra immaginazione.
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