email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BERLINALE 2010 Concorso

On The Path: un amore al crocevia

di 

Jasmila Zbanic, apprezzata al Festival di Berlino fin dal suo primo lungometraggio, Il segreto di Esma [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Barbara Albert
intervista: Jasmila Zbanic
scheda film
]
, Orso d'oro del miglior film nel 2006, ha nuovamente dato prova del suo talento nell'ambito della competizione, con un secondo lungometraggio molto intelligente e ben riuscito, On The Path [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
. Il film, pur riprendendo temi simili a quello precedente - l'evoluzione del suo paese dopo la guerra, vista da una prospettiva femminile, e la maternità - si rivela del tutto diverso.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

La prima scena, in cui la protagonista esamina una a una, come un'eroina di Godard, le parti del proprio corpo attraverso lo schermo del suo cellulare (da cui non si separa mai e sul quale conserva alcune foto del suo compagno che dorme, per non sentirsi sola quando sono lontani), dà il tono a tutto il film: ci si ritrova in una Bosnia ricostruita e moderna la cui fotografia (digitale) cattura gradevolmente i colori, e si segue una protagonista sensuale, vivace, che si è lasciata i dolori della guerra (la morte dei suoi genitori) alle spalle.

Luna, graziosa hostess interpretata dalla Shooting Star croata Zrinka Cvitesic e musulmana non praticante, vive l'amore perfetto con Amar (Leon Lucev), da cui vorrebbe un figlio. E' una coppia felice che non si ferma alle prime difficoltà della vita e guarda sempre avanti ("allora, adesso che facciamo" è la loro risposta ai problemi), sebbene Amar non si sia completamente rimesso dalle ferite della guerra. Tutto cambia quando Amar ritrova accidentalmente (nel vero senso della parola) un vecchio commilitone, Bahrija, che fatica a riconoscere sotto una folta barba, poiché è divenuto waabita.

Quest'ultimo, apparentemente pacifico malgrado il suo rifiuto di stringere la mano a Luna (un aneddoto vissuto da Zbanic che l'ha invogliata a capire questo gesto e che è stato il punto di partenza del film) e l'atteggiamento aggressivamente ortodosso di sua moglie completamente velata ("come un ninja", osserva Luna), fa conoscere ad Amar la sua comunità, che vive tranquillamente isolata da una parte e dall'altra di una tenda che separa gli uomini dalle donne (ben diversa da quella, a fiori, della doccia a inizio film, dietro la quale Amar e Luna fanno follie).

Perniciosamente, senza forzarlo (visto che questa comunità non è, come certi pensano, composta da terroristi), Bahrija offre ad Amar una direzione che gli mancava. Amar, davanti a una Luna sbalordita che cerca tuttavia di comprendere il desiderio del proprio uomo di essere migliore, si avvicina all'integralismo e finisce per imporglielo.

Luna non può aderire a questa visione del ruolo della donna e dei figli (il suo desiderio di figli non ha nulla a che vedere con l'obiettivo di ripopolare la comunità musulmana) e non può condannare come peccato tutto ciò che ama nella vita (come finisce per dire ad Amar quando cerca di tirarla fuori dal locale notturno, luogo di peccato, dove lei è andata, vestita come una peccatrice, ad affogare la profonda tristezza del suo dilemma nell'alcol, massimo del peccato). Deve allora fare una scelta tra il suo amore e l'impossibilità di avere un figlio con l'uomo che Amar è diventato. Malgrado la forza del loro sentimento, Amar e Luna hanno preso ormai due strade diverse e il film finisce senza rivelare se uno dei due si riavvicinerà all'altro.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy