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FESTIVAL Italia

Torino capitale del cinema gay, ma l’Italia sta a guardare

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Il più antico Festival a tematica GLBT d’Europa (e il terzo del mondo, dopo quelli di San Francisco e Los Angeles) compie venticinque anni. Per l’occasione Da Sodoma a Hollywood, a Torino dal 15 al 22 aprile, diretto come sempre dal suo fondatore Giovanni Minerba, guarda orgoglioso al proprio passato (con la retrospettiva sui “film che ci hanno cambiato la vita”, ventidue titoli presentati nelle scorse edizioni, più tre outsider d’epoca) e intanto si proietta nel futuro con alcune significative novità.

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La prima è l’istituzione di un premio alla carriera, il “Dorian Gray” (disegnato, come il colorato manifesto, dall’artista Ugo Nespolo), nel segno di un’icona del cinema gay, James Ivory, di cui si vedrà l’ultimo The City of Your Final Destination [+leggi anche:
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Intervista Peter Cameron 1 [IT]
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, che insieme al film d’apertura, il tunisino Le fil (alla presenza della protagonista Claudia Cardinale), è tra gli appuntamenti più attesi fuori concorso.

Ma è il concorso lungometraggi, naturalmente, la sezione più attesa: undici i film in gara, molta Europa (L'arbre et la forêt [+leggi anche:
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di Olivier Ducastel e Jacques Martineau, Morrer Como Um Homem [+leggi anche:
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di João Pedro Rodrigues), e nessun italiano. “Alziamo le braccia”, ammette sconsolato Fabio Bo: da quest’anno coordina la programmazione del festival, un osservatorio privilegiato sullo stato (non certo di salute) del “cinema gay” in Italia, e registra che “non c’è paragone non solo con grandi cinematografie come quelle francesi o americane, ma neanche con le Filippine o Hong Kong. Da noi il panorama è demoralizzante”. Al di là di pochi casi (il recente Mine vaganti sceneggiato da Ivan Cotroneo, quest’anno in giuria), c’è “un problema di coraggio civile, da parte di chi produce ma anche di chi dirige”.

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