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INDUSTRIA Italia

Il cinema italiano in cerca di nuove strade (parte 2)

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Quanto ai costi del cinema di qualità secondo alcuni troppo elevati, a rispondere pensa Mario Gianani, che col regista Saverio Costanzo ha costituito la Offside e oggi, oltre ai film del socio (l’atteso La solitudine dei numeri primi), produce quelli di giovani registi e grandi autori (Vincere [+leggi anche:
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di Marco Bellocchio): “Costiamo troppo rispetto a chi? Alla Cina, forse, ma noi siamo un Paese civile, che oltre ai costi vivi conteggia anche le contribuzioni e tante altre spese. Di certo, e ce ne accorgiamo quando andiamo in trasferta, costa di più girare in Francia e Germania”.

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E l’accusa (cavalcata negli ultimi mesi soprattutto dalla stampa di destra, ma la polemica populista è montata anche a sinistra) di essere un’industria parassitaria, in cerca solo di sovvenzioni statali? “Il rammarico di noi produttori”, continua Cima, “è di non essere riusciti ad accreditarci come imprenditori. Continuiamo ad essere visti come spenditori di denaro pubblico, e non come moltiplicatori. Così come ci dispiace non essere riusciti a suggerire all’opinione pubblica il nesso tra la rinascita del nostro cinema e l’affermazione di nuovi produttori, che hanno cominciato ad operare in modo diverso che in passato”. E di un problema di “cattiva comunicazione” parla esplicitamente Occhipinti, accusando di mancanza di professionalità chi, in malafede, “con informazioni parziali danneggia un’industria di cui spesso si sottovaluta l’indotto e il peso economico”.

Ma quali sono, oggi, i problemi del sistema cinematografico italiano? Cima pone l’accento sulle spese di distribuzione (“oggi determinano circa un terzo dell’intero budget di un film”), mentre Gianani ha pochi dubbi: “Vorremmo avere più interlocutori, più di due distributori, e che non controllino l’intera filiera”, e il riferimento è a Mediaset/Medusa e Rai Cinema/01. Ma c’è di più: “Il nostro è un mercato ai cui dati non abbiamo accesso. Sebbene si tratti di soldi pubblici, noi non sappiamo a quanto la Rai, intesa come tv, compri un film Rai Cinema”.

Sul banco degli imputati, dunque, la televisione (“Si sono persi gli appuntamenti col cinema in prima o seconda serata, che faccia conoscere un linguaggio diverso ai giovani”, lamenta Occhipinti, che individua nella “lotta all’evasione del Canone” lo strumento per raccogliere fondi da investire). In buona compagnia della politica, che – nota Mario Sesti, curatore della sezione Extra del Festival di Roma – “dalla metà degli anni ’70 ha compreso che il luogo del consenso era diventato il piccolo schermo. E così la classe dirigente ha abbandonato il cinema, con una scelta precisa”.

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