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VENEZIA 2010 Orizzonti / Portogallo

I pirati filosofeggianti di Nicolau

di 

A dire di ambizioni, pregi e limiti del portoghese João Nicolau bastano le parole con cui il regista accompagna il suo primo lungometraggio, A Espada e a Rosa [+leggi anche:
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: non una semplice nota di regia, ma un “documento apocrifo appartenente agli archivi della Rosa”, elenco più oscuro che affascinante di acronimi “il cui significato rimane sconosciuto”, di uova cosmiche, di “quark con marmellata di lamponi”.

E pensare che l’inizio del film, in concorso nella sezione Orizzonti, alla prima proiezione è riuscito persino a strappare un applauso a scena aperta: illusi da un duetto “musical” tra il protagonista Manuel e l’implacabile esattore delle tasse, gli spettatori hanno sperato per un po’, salvo doversi ricredere di fronte a un’interminabile (142 minuti) apologo morale filosofeggiante, su un giovane maniaco dell’ordine (Manuel Mesquita) che, dopo aver affidato ad un amico il gatto Maradona (e qui qualcuno ancora rideva), decide di imbarcarsi su un vascello del XV secolo e di vivere secondo i codici della pirateria.

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Ma il ritmo è estenuante, e la povertà di mezzi non è bilanciata dalla ricchezza di invenzioni (come succede, per fare un esempio di low-budget creativo visto qui alla Mostra, con Surviving Life [+leggi anche:
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di Švankmajer). I primi corti di Nicolau – Canção de amor e saúde e Rapace – sono stati premiati un po’ in tutto il mondo: il salto nel lungo non gli ha giovato.

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