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FESTIVAL DI ROMA Concorso / Italia-India

Gangor, l'India tribale sfida Bollywood con un regista italiano

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Secondo film italiano e primo dei tre titoli nazionali in concorso al Festival di Roma che non parlano la nostra lingua, Gangor [+leggi anche:
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di Italo Spinelli è la prima coproduzione italo-indiana. Al timone c'è, appunto Italo Spinelli, autore di documentari e direttore del festival romano Asiatica Filmmediale, ma ambientazione, storia e cast è di origine indiana (nel caso degli attori, comunque di origine indiana), mentre la lingua è soprattutto inglese.

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Sullo schermo c'è tutto tranne Bollywood, anzi la storia che si racconta è tutt'altro che musica, lustrini e colori sfavillanti; qui si parla del Bengali occidentale, dove si concentra il maggior numero di villaggi tribali del paese, partendo dal racconto 'Dietro il corsetto' di Mahasweta Devi, attivista e scrittrice simbolo del suo paese, in odore di Nobel.

Il bel fotoreporter di città Upin (Adil Hussain) parte per Purulia con il suo assistente Ujan (Samrat Chakrabarti) per documentare le condizioni disumane delle donne dei villaggi tribali e rimane affascinato da Gangor (Priyanka Bose), che ritrae a seno nudo mentre allatta il figlio. E così l'intenzione nobile si tramuta in un risultato ignobile, perché la foto "scandalosa" di Gangor finisce su tutti i giornali e lei diventa bersaglio di ogni tipo di violenza, soprattutto sessuale.

"Naturalmente ho pensato anche al pubblico indiano, e ho cercato di non essere didascalico e di evitare una visione esotica dell'India", ha detto Spinelli, che però questo obiettivo l'ha mancato. Se Gangor ha dei difetti, sono proprio l'eccesso di didascalismo e paternalismo, oltre che una tendenza dei personaggi alla monodimensionalità. Prodotto da Bìbì Film, Isaria Production, Nirvana Motion Pictures Ltd con la collaborazione di Rai Cinema, Gangor uscirà in Italia nel 2011, e in India ancora prima. Sempre che il paventato rischio di censura non diventi realtà: "Questo film può provocare reazioni molto violente in India – dice Spinelli – sia per il nudo che per il tema sociale".

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(Tradotto dall'inglese)

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