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FILM Italia

Gianni e le donne, tra desiderio e decadimento

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esce venerdì 11 nelle sale italiane in 150 copie con 01 e verrà proiettato la sera del 12 nella sezione Berlinale Special del festival, Fandango Portobello, che ne cura le vendite internazionali con il titolo The Salt of Life lo ha già pre-venduto in Francia, Benelux e Svizzera.

Un exploit promettente per la seconda, attesissima prova alla regia del sessantaduenne Gianni Di Gregorio, dopo il successo di critica e pubblico di Pranzo di Ferragosto [+leggi anche:
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nel 2008 (Premio De Laurentiis Opera Prima alla Mostra del Cinema di Venezia, David di Donatello e Nastro d'Argento e numeri riconoscimenti internazionali).

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Il Jacques Tati di Trastevere (il quartiere più pittoresco di Roma, dove il regista è nato) serializza il riuscito protagonista del film d'esordio per una storia altrettanto piccola e altrettanto universale. In Pranzo di Ferragosto, Di Gregorio interpretava il figlio unico di una vedova, una nobildonna decaduta, capricciosa e opprimente di cui lui deve occuparsi. In Gianni e le donne il protagonista/regista è un pensionato con moglie che lo ignora e figlia che lo compatisce, ma la mamma (interpretata sempre dalla ineffabile Valeria de Franciscis Bendoni) è la stessa: mentre il figlio Gianni dipende da una misera pensione, la snervante genitrice vive in una villa sontuosa nel centro di Roma stipata di opere d'arte, ha la passione per il poker consumata in giardino con le amiche, con spuntini a base di champagne da 200 euro a bottiglia e una badante dell'Est europeo ricoperta di costosi regali. E mentre Gianni percorre il suo quartiere sognando un'avventura amorosa e invocando anche solo il sorriso di una giovane donna, l'anziana genitrice lo assilla con chiamate a tutte le ore per motivi che si rivelano futilissimi, come lo spostare leggermente il cavo dell'antenna del televisore fuori sintonia.

Di Gregorio - che ha avuto l'idea del film sull'autobus, dove si è reso conto di essere diventato invisibile agli occhi muliebri - si identifica nel personaggio proprio come Nanni Moretti individuava le proprie idiosincrasie nell'alter ego Michele Apicella. Tra malinconia e divertimento, diviso tra Fellini, Truffaut e nuovo cinema balcanico, Gianni innalza un inno alla donna, essere tanto sconosciuto quanto adorato, e allo stesso tempo esprime e ostenta il suo disappunto per il tempo che scorre, per il decadimento di un corpo che è stato lo specchio preciso di un'anima affamata di vita. Una vita pigra, si, ma ricca di colori e venature sensoriali.

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