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FESTIVAL Repubblica Ceca / Francia

Fleurs du mal di David Dusa a Karlovy Vary e a Paris Cinéma

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Prosegue il percorso atipico del primo lungometraggio di David Dusa, cinesta d'origine ungherese, di nazionalità svedese e residente da una decina d'anni a Parigi. Già selezionato in 60 festival internazionali (tra cui Rotterdam, Tribeca, Amburgo, Sofia, Namur, Goteborg, Copenhagen, Durban, Buenos Aires e prossimamente Melbourne), dopo esser stato presentato nel programma dell'ACID l’anno scorso a Cannes, Fleurs du mal [+leggi anche:
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intervista: David Dusa
scheda film
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sarà proiettato in anteprima a Paris Cinéma (dal 2 al 13 luglio) e nel programma Variety & Ten Euro Directors to Watch del Festival di Karlovy Vary, al via da domani. Un cammino eccezionale per un film prodotto con un micro-budget e che ancora non ha un distributore francese, né un venditore internazionale.

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Già apprezzato per i suoi cortometraggi, David Dusa, cui la fase di ricerca dei finanziamenti sembrava troppo lunga, si è lanciato nella realizzazione di Fleurs du mal con un budget di circa 120 000 euro. Interpretato da Rachid Youcef e Alice Belaïdi, il film (la cui sceneggiatura è stata co-firmata dal regista e da Mike Sens) è centrata su una storia d'amore tra Parigi e Teheran, fra due sradicati: il ballerino Gecko, giovane libertino, e Anahita, iraniana in esilio.

Un melodramma contaminato dalla Storia e dalla sua spontanea e inedita mediatizzazione su Internet: il regista ha infatti inserito nel racconto alcuni video girati in Iran durante le elezioni del 12 giugno 2009, sulle manifestazioni e la repressione che ne seguì. Prodotto da Emily Béziat per Sciapode, Fleurs du mal è stato sostenuto da Le Fresnoy, La Ferme du Buisson (nell'ambito del festival Temps d’Images con Arte France) e la Fondazione Roma Europa.

David Dusa, che parteciperà giovedì 7 luglio a una tavola rotonda organizzata da Paris Cinéma sul tema "Fino a dove può arrivare Internet nella costruzione di un'altra società, di un altro cinema?" (dibattito cui interverrà, fra gli altri, Michel Reilhac di Arte France Cinéma), sta ora preparando il suo secondo lungometraggio che mischierà documentario e finzione: La révolution ne sera pas twittée.

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(Tradotto dal francese)

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