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PRODUZIONE Francia

Coproduzione franco-cinese : l’esperienza di 11 Flowers

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Primo film realizzato nel quadro dell’accordo di coproduzione franco-cinese siglato nel 2010, 11 Flowers di Wang Xiaoshuai sarà proiettato in anteprima mondiale questa domenica a Toronto, nell’ambito della Special Presentation e parteciperà in seguito in concorso al festival di San Sebastian. Prodotto per il 65% dalla Cina (attraverso la Chinese Shadows e la WXS Productions) e per il 35% dalla Francia (Didar Domehri per conto di Full House e Arte France Cinéma), il nuovo lavoro del cineasta cinese, premiato a Cannes nel 2005 e a Berlino nel 2008 e nel 2011, sarà distribuito a livello internazionale dalla Films Distribution. La produttrice Isabelle Glachant (Chinese Shadows), di stanza a Pechino da alcuni anni, ci rivela i retroscena dell’avventura, da un’inedita prospettiva cinese.

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Una prima assoluta
Isabelle Glachant : É stata una novità per le autorità cinesi : si trattava infatti della prima coproduzione maggioritaria cinese con un paese straniero. Abbiamo dovuto fornire varie spiegazioni, soprattutto circa la procedura per l’autorizzazione, in quanto i cinesi dovevano svolgere varie pratiche presso il Centre National du Cinéma et de l’image animée (CNC). Non era complicato per loro, direi piuttosto insolito.

La censura
Nell’ambito delle produzioni europee a cui siamo abituati, non sono mai richiesti tagli o modifiche, nè alla sceneggiatura, nè al film compiuto. Invece in Cina questo accade ed è problematico dal punto di vista della produzione. Nel caso di 11 Flowers, non ci è stata richiesta alcuna modifica della sceneggiatura : la censura si è occupata solo dell’approvazione e dell’autorizzazione alla lavorazione della sceneggiatura. La visione del film finito, che deve essere sottoposta ad una seconda censura, è il momento più critico per le coproduzioni, in quanto le autorità cinesi desiderano vedere il film già finito, mixato, con la taratura finale. Ma in genere chiedono sempre di modificare l’immagine o il suono. Questa ulteriore post-produzione è un costo aggiuntivo che è in genere considerato dai produttori cinesi, ma non dai coproduttori. Un altro aspetto problematico è stato quello legato alla post-produzione che si è svolta in Francia: ogni volta che si inviava un elemento in Cina bisognava aspettare che fosse visionato, il che prendeva circa due settimane. Non dobbiamo dimenticare poi che ci sono due comitati di censori, uno che si occupa della sceneggiatura, l’altro del film finito, quindi possono esserci due letture completamente diverse dello stesso film. La censura può essere un problema per le coproduzioni se il film dev’essere rimontato per vari mesi o per alcuni anni (come nel caso di So Close to Paradise di Wang Xiaoshuai). Per fortuna per 11 Flowers non è stato così, ma ci sono stati richiesti dei tagli sul suono e sulle immagini.

Il futuro delle produzioni franco-cinesi
Grazie all’accordo di coproduzione, i produttori francesi sanno che oggi possono girare più facilmente in Cina e che anche i film che in passato difficilmente sarebbero stati considerati francesi oggi possono ottenere l’autorizzazione. Dal punto di vista cinese, attualmente tra l’80 e il 90% delle coproduzioni con l’estero sono realizzate con Hong Kong e con i vari John Woo e Tsui Harke che girano in Cina. L’accordo con la Francia non cambierà quindi radicalmente queste abitudini, ma consentirà a registi di film d’autore come Jia Zhangke, Lou Ye o Wang Xiaoshuai di realizzare delle coproduzioni che non riuscivano più ad ottenere. Infatti ci sono state delle coproduzioni con la Francia, ma non avevano l’autorizzazione del CNC. Era impossibile realizzare questi film a causa della drastica contrazione dei finanziamenti per il cinema d’autore. Oggi questi registi hanno la possibilità di accedere a dei fondi francesi, in un quadro legislativo più semplificato.

Americani, Europei ed il mercato cinese
Gli Americani sono presenti in Cina da molto tempo (al contrario degli Europei) e hanno cercato in vari modi di inserirsi sul mercato. A causa delle misure imposte dal governo cinese per proteggere il mercato locale, soprattutto con le quote fisse di importazioni di film provenienti dagli Stati Uniti, gli americani non possono distribuire un numero maggiore di film e gli incassi ottenuti sono limitati (13,5%). Per questa ragione,e non è certo un fenomeno inedito, gli Americani cercano di produrre in loco. Tentano allo stesso tempo di penetrare maggiormente sul mercato cinese e di realizzare film più vicini al cinema americano, per preparare il pubblico cinese agli altri film che distribuiscono nel paese.. Oggi gli Americani sono più aggressivi in virtù del forte sviluppo del mercato cinese : è impensabile per loro non ottenere una fetta considerevole di questo mercato.
Il cinema europeo ha una carta importante da giocare. Gode già di una forte presenza sul mercato cinese, non foss’altro che per i DVD pirata. Tuttavia lo stesso sistema di quote che protegge il mercato cinese da un’invasione di film americani impedisce l’ingresso ai film europei. I gestori cinesi hanno una visione della situazione molto a breve termine, ma quando ci sarà un incremento del numero di sale, il cinema europeo costituirà un’opportunità in più. Gli spettatori infatti cominceranno a stancarsi delle produzioni cinesi. Grazie ad EuropaCorp, è inoltre possibile dimostrare ai gestori cinesi che i film europei possono incassare anche molto. Il cinema europeo che è già presente deve giocare la carta della diversità : in questo modo a poco a poco altri film potranno accedere al mercato cinese."

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(Tradotto dal francese)

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