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Con l'accordo China Film, Relativity cerca di esplorare "Global Stories"

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- Per un'industria consumata dalle dimensioni dell'audience, 1.3 miliardi é un numero irresistibile. Non sorprende che Hollywood stia progettando di irrompere nel mercato cinese.

E’ un mercato attraente, certo, ma allo stesso tempo presenta ovvi problemi per i produttori e i distributori di intrattenimento. Noto per il mutevole processo di censura, le quote di importazione restrittive che controllano la distribuzione e per l’imperscrutabilità culturale, il mercato cinese non ha mai dimostrato grande ospitalità nei confronti dei prodotti occidentali. Molti hanno cercato di penetrarvi, ma con poco successo. Ora, l’uomo che ha introdotto l’analisi quantitativa nel business creativo cinematografico, Ryan Kavanaugh, è convinto di aver trovato la formula vincente per emergere nella Repubblica Popolare.

Kavanaugh, fondatore ed amministratore delegato di Relativity Media, lo studio dietro a film come Le Amiche della Sposa, The Fighter, The Social Network, e le prossime uscite Immortals e il progetto ancora senza titolo su Biancaneve, è recentemente entrato in relazione con importanti realtà cinesi nel campo dell’intrattenimento, il che mette la società al primo posto nella possibilità di contribuire alla sempre più diffusa produzione cinese, e di sviluppare film cinesi. Oltre ad esserci un pubblico potenziale enorme, Kavanaugh afferma che l’accordo promuoverà una relazione più proficua tra i due paesi dal punto di vista cinematografico e permetterà ai produttori di esplorare “storie universali”.

Kavanaugh ha stretto accordi con l’azienda Asiatica di private equity SIF Partners e con IDG China Media; questi accordi rendono Relativity partner di SkyLand Film e di Television Cultural Development Ltd. La joint venture produrrà, distribuirà ed acquisirà materiale cinese di carattere universale ed ha istituito un fondo di 100 milioni di dollari per finanziare film che mettano in risalto e facciano conoscere storie cinesi. La SkyLand ha stretto anche un accordo strategico con Huaxia, che, insieme a China Film Group, è una delle due organizzazioni statali che devono essere contattate per la censura e per ottenere le autorizzazioni alla distribuzione.

Il significato di questi accordi sta nel come lavora il mercato cinese. Il sistema di quote del paese permette che vengano distribuiti solo 20 film importati all’anno, il che si trasforma in intense manovre tra gli studi cinematografici di Hollywood per accaparrarsi uno dei posti disponibili e poter presentare i loro film ai potenziali 200 milioni di spettatori cinesi. Con Skyland, Relativity può far risultare i propri film come co-produzioni, circuendo così il sistema delle quote, ed inoltre ottiene una parte dei film che SkyLand produce per conto di altri studi. La Legendary Pictures, che è diventata partner del più grande studio cinematografico cinese indipendente, Huayi Brothers Media, per lanciare la Legendary East nel 2013, è l’unico altro studio ad avere un accordo di collaborazione di questo genere.

È l’accordo con Huaxia che rende le cose più interessanti per Relativity. L’altro spauracchio dell’industria cinematografica occidentale è la censura, campanello d’allarme per ogni aitante americano. Questo accordo di fatto non esenta i film della SkyLand dalla censura, ma Kavanaugh intende promuovere una discussione collaborativa sull’argomento.

Sedendo allo stesso tavolo di chi ha potere decisionale, Kavanaugh spera che le discussioni riguardanti i contenuti inaccettabili – che vanno dai fantasmi (sì, proprio i fantasmi), i viaggi nel tempo e il sesso, tutti taboo, alle meno prevedibili sensibilità politiche prevalenti – possano aver luogo nelle prime fasi di lavorazione piuttosto che a film completato.

“Non possiamo aggirare il sistema in sè, ma di fatto diventiamo parte del sistema insieme a loro. E penso che la speranza da parte loro sia che possiamo fargli comprendere un po’ meglio il mercato statunitense, mentre da parte nostra speriamo di poter avere un tipo di partnership in cui si possa discutere insieme dicendo ad esempio, ‘So che vuoi spostare questa scena o tagliare quest’altra; mentre tu pensi che possa interferire con il significato principale, ecco come la vediamo noi.’ Penso che possa aprire molto il dialogo fra gli Americani e la Cina,” afferma Kavanaugh dalla sua casa di Malibu, poche ore prima di salire su un volo per Pechino.

L’evoluzione dell’industria cinematografica cinese nell’ultimo decennio rende certamente più attraente la prospettiva del pendolarismo da una parte all’altra del Pacifico. Nel 2010, il paese ha prodotto circa 500 film e ha visto i guadagni al botteghino aumentare del 64% fino ad arrivare a 1,5 miliardi di dollari. Secondo le previsioni della China Film Producer’s Association, entro il 2015 la Cina avrà un guadagno al botteghino di quasi 6 miliardi di dollari, mettendosi così in corsa per diventare la più grande industria cinematografica dopo gli USA.

Se questi numeri sembrano bassi rispetto all’industria statunitense, che raggiunge i 10 miliardi di dollari, considerate che la Cina ha al momento solo 6200 schermi. In quest’ultimo anno si sono aggiunti 313 teatri e 1500 nuovi schermi, il che significa tre teatri da 450 posti al giorno. Nonostante ciò, l’attuale numero di schermi si traduce in uno ogni 200.000 persone, contro l’uno ogni 9.000 negli USA. Le previsioni dicono che entro cinque anni in Cina vi saranno 60.000 schermi. Per non parlare del potenziale del mercato del web. Con tre quarti delle città cinesi senza strutture cinematografiche e una popolazione online di 480 milioni, il potenziale della distribuzione via web è enorme, sebbene la pirateria dilagante ponga molti ostacoli alla crescita di questo canale.

Anche il veto posto dalle quote di distribuzione sembra possa attenuarsi. Sulla base di una denuncia fatta dagli USA nel 2007, l’Organizzazione Mondiale del Commercio ha preteso il termine del sistema delle quote e la conseguente apertura dei cinema ai film stranieri, dando una scadenza al Marzo 2011. Questo termine è scaduto e i cambiamenti non sono stati fatti, ma molti osservatori dell’industria cinematografica assicurano che in definitiva vi sarà un impatto.

Risultano rapidi anche gli investimenti per sviluppare un’industria robusta. La Cina Film Group ha costruito di recente 16 nuovi studi, e la Cina possiede ora lo studio cinematografico più grande al mondo – gli Hengdian World Studios. Le troupe stanno diventando sempre più specializzate (e quindi sempre meno economiche), e con la creazione del Tianjin Film Studio per la produzione de La Leggenda di un Coniglio di Sun Lijun, liberamente ispirato a Kung Fu Panda, la Cina possiede ora il suo primo studio di animazione di alta qualità.

Patrick Frater, amministratore delegato e co-fondatore della Film Business Asia, afferma che l’attrazione nei confronti della Cina dipende dal fatto che sia l’ultimo mercato a larga crescita rimasto. “Una delle cose che colpisce della Cina è che vi è una gran voglia di vedere intrattenimento di qualità. I biglietti del cinema costano quanto nel Nord America, e sono un sacco di soldi per molte persone. Ma è una questione di aspirazione, cosa che non troviamo più in occidente,” afferma Frater, che ha recentemente fatto da moderatore ad una sessione del Festival Internazionale del Cinema di Toronto, intitolata “L’ascesa della Cina: nuovi sviluppi ed opportunità nell’industria cinematografica cinese,” sessione a cui era presente anche Kavanaugh.

I sempre presenti problemi riguardanti i diritti umani fanno della produzione in Cina un rischio significativo; la prima produzione Skyland di Relativity, 21 and Over, è stato girato nella città cinese di Linyi, dove gli attivisti dicono sia stato detenuto un avvocato per i diritti civili locali. L’amministratore delegato di Chinese Shadows e produttrice di 11 Flowers, la francese -e pechinese- Isabelle Glachant, durante il TIFF ha invitato alla cautela coloro che pensano che la Cina sia un terreno fertile. “La Cina non è una terra da sogno, è una giungla. Se vi piace l’avventura, vale la pena di andarci e vedere cos’è possibile fare, ma dovete essere forti e pronti a passarvi molto tempo.”

Kavanaugh sostiene di non considerare l’opportunità che ha con SkyLand come una strada di distribuzione a senso unico verso un’enorme “mucca da mungere” (anche se la prospettiva probabilmente non dispiace). L’idea, afferma, è quella di “cercare film che presentino degli incroci strategici per dimostrare al mondo che si possono fare film che abbiano grande successo in Cina e grande successo negli USA. Potrebbero rappresentare miti cinesi o storie della cultura statunitense, a patto che siano delle gran belle storie universali.” Se gli accordi con SkyLand e Huaxia permettono a Relatively di operare più tranquillamente in Cina, allo stesso modo la conoscenza e le tracce di Relatively nel mercato statunitense permettono ai film cinesi di accedere più facilmente in occidente.

C’è chi si chiede, come la Glachant, se cercare di fomentare l’attrazione fra due culture così diverse possa produrre risultati positivi. La traduzione può portare alla perdita delle sfumature nel racconto di una storia. “I cinesi hanno un modo molto infantile di vedere le relazioni fra uomo e donna, ad esempio il modo di guardarsi o di regalare un fiore, non è molto romantico. Noi siamo un po’ più veloci,” afferma. Ma secondo Kavanaugh, non è una questione di alterazione dei sentimenti. “In fin dei conti non si può cambiare ciò che spinge il pubblico a comprare un biglietto. Nel senso che non si possono convincere 1,3 miliardi di persone ad apprezzare qualcosa che sicuramente non apprezzeranno. Sono cresciuti con quella cultura ed apprezzeranno quello che vorranno apprezzare,” afferma Kavanaugh.

Lo scopo principale è invece quello di trovare storie che possano considerarsi comuni alle due culture. “Ci sono molte storie universali che non sono mai state sfruttate a causa della paura di esplorare il mercato cinese; è stato considerato per molto tempo un ostacolo sconosciuto.”

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