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EDITORIALE Esercenti

EDITORIALE: Qual è il valore aggiunto della sala cinematografica?

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- Rapporti tesi tra sala cinematografica e cinefili. La conferenza annuale di Europa Cinemas è stata l'occasione per tastare il polso dell'esercizio nelle sale europee

La conferenza annuale di Europa Cinemas è stata l'occasione per tastare il polso delle sale europee che mostrano, da una parte, dinamismo e innovazione a livello di iniziative, e dall'altra, il conservatorismo della maggior parte degli esercenti europei.

Ripetuta come un mantra, la formula "La sala è il luogo principale dove vedere i film" è diventata "la sala deve rimanere il luogo principale" e "la sala dovrebbe rimanere il luogo principale": uno slittamento che dà conto di una discrepanza di posizioni. Sia il ministro della Cultura francese, Aurélie Fillipetti, che Aviva Silver del programma MEDIA della Commissione europea e il regista Laurent Cantet hanno pronunciato questa formula, però è evidente, da parte dell'istituzione che quest'anno festeggia il suo 20mo anniversario, una volontà di aprirsi al futuro. Claude-Eric Poiroux (intervista) parla della sala come "luogo di ritrovo unico" e declina lo slogan originario di Europa Cinemas descrivendo questa infrastruttura come "un luogo innovativo e d'avanguardia". Il suo presidente, Ian Christie, ha ricordato che "è importante non essere puristi quando si tratta di cinema perché è pur sempre un'esperienza ibrida". In epoca di transmedia, di cinema on demand, di offerta legale e illegale in VOD, di contenuti alternativi, di revisione della cronologia dei media e di innovazione tecnica esponenziale avviata con il digitale, il carattere ibrido della diffusione cinematografica è fuori discussione, per il dispiacere di quegli esercenti che oppongono resistenza e difendono una frequentazione delle sale all'antica, di quelle che, attraverso l'esperienza collettiva davanti al grande schermo, sono supposte provocare un grande fremito sociale. Questa emozione condivisa — che va oltre una fila all'entrata, una testa davanti durante la proiezione e un'altra fila all'uscita — sarebbe il valore aggiunto di un film in sala, questo luogo che il pubblico tende sempre più a considerare un supporto come un altro, se non fosse diventato anche così caro.

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Avendo personalmente avuto undici delle mie ultime dodici proiezioni pubbliche guastata da divoratori di pop corn, telefoni cellulari — compreso il mio che vibrava nella tasca — risate fuori contesto, russamenti e agitazioni varie tra gli spettatori, sono sempre meno sensibile all'argomento, ma non all'emozione, sempre viva. Tutte queste cose mi innervosiscono e condizionano negativamente la mia percezione dell'opera sullo schermo. Immagino che la frustrazione sia ancora maggiore per il cinefilo che ha pagato il biglietto non essendo giornalista, che ama il cinema, che ha voglia di distrarsi, di viaggiare, di abbandonarsi o di resistere a una storia di cui purtroppo non padroneggia il contesto; contesto di cui può invece controllare ogni minimo aspetto se consuma on demand e alle sue condizioni. La sala dovrebbe essere, per lui, il luogo migliore per vedere un film. In pratica, non è più così, e nell'economia generale del suo tempo, l'appuntamento con il cinema in sala non ha più nulla di eccezionale.

Nell'ambito di un festival, la magia resta evidente. Tappeto rosso, esclusività, presenza di star fanno della sala un luogo d'eccezione comparabile a un evento live. Gratuità e immediatezza on demand sono invece gli ovvi vantaggi di Internet. DVD e Blu-Ray, dal canto loro, propongono la versione originale (ancora assente in numerose sale europee) e contenuti extra che creano un valore aggiunto al consumo dell'opera. Che ne è allora della frequentazione delle sale, così radicata nelle abitudini del pubblico? Che cosa dà in più al nativo digitale e al modello d'integrazione dell'immigrazione digitale? L'alcova dorata della sala nella cronologia dei media sembra un privilegio piuttosto fragile in un contesto di sovrapproduzione culturale che permette sia al grande pubblico che al cinefilo di rimanere perfettamente occupati posticipando il loro consumo di qualche mese. Resta la nozione di comunità che i cinema di quartiere possono fieramente rivendicare grazie ai loro sforzi creativi nel coltivarla. In seno a Europa Cinemas ci sono pionieri ed esercenti attivi che stanno portando il 2.0 del cinema in sala. Ma nella loro stessa categoria, purtroppo, ci sono anche colleghi passivi che non riescono nemmeno a concepire di poter sacrificare il loro simulacro di comunità per un forum dinamico su Internet o una comunità di amici su Facebook che condividono, confrontano, si incontrano, si sposano e fanno molti bambini che frequenteranno sempre meno quello che avrebbe dovuto essere il luogo principale dove vedere un film.

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(Tradotto dal francese)

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