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FILM Italia

Italiani veri, quando in Unione Sovietica si cantava Felicità

di 

- Il doc di Marco Raffaini, Marco Mello e Giuni Ligabue, presentato in concorso al Biografilm di Bologna, racconta lo straordinario successo dei cantanti nazionalpopolari italiani in Urss

Robertino Loreti è un po' il Sixto Rodriguez italiano. Come il protagonista del documentario premio Oscar Sugar Man [+leggi anche:
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, musicista ignorato in patria e idolo nazionale in Sudafrica, Loreti (foto) era pressoché sconosciuto in Italia quando adolescente cominciò a cantare negli anni '60, eppure c'era un paese in cui le sue canzoni le cantavano tutti, e che molti anni dopo lo accolse neanche fosse John Lennon: l'Unione Sovietica. Di lui, e di altri eroi della musica nazionalpopolare italiana come Albano, Toto Cutugno e Pupo acclamati in Urss, si parla in Italiani veri, lo spassosissimo documentario firmato da Marco Raffaini, Marco Mello e Giuni Ligabue, presentato in anteprima mondiale al Biografilm Festival di Bologna (7-17 giugno), nel concorso riservato ai film italiani.

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Per lo spettatore italiano, i tanti aneddoti raccontati nel doc hanno dell'incredibile. Nell'Unione Sovietica in cui si censurava tutto ciò che provenisse dall'Occidente, un solo programma era ampiamente diffuso e promosso: il Festival di Sanremo. E del festival della canzone italiana, negli anni '80, i paladini erano proprio cantanti come Albano, Toto Cutugno e Pupo, entrati così nelle case e nel cuore del popolo russo. Scopriamo così che Felicità, hit di Albano e Romina Power, era diventata quasi un inno nazionale, di cui vennero fatte varie versioni, tra cui una in chiave antisovietica; che esistono i Cutugnisti, fan "filologi" di Toto Cutugno che hanno imparato l'italiano sui suoi testi; che Il ballo del qua qua (sempre di Albano e Romina) risuonava nei campi estivi dei giovani sovietici; e che la prima donna cosmonauta, Valentina Tereshkova, voleva una sola cosa a tenerle compagnia durante le sue missioni spaziali: le canzoni di Robertino, ribattezzato perciò "il cantante delle stelle".

La musica italiana era simbolo di libertà, quella leggera, ma non solo: i sovietici impararono ad apprezzare anche cantautori come Paolo Conte, Angelo Branduardi e Fabrizio De Andrè, rivelando così una profonda amicizia italo-russa, rafforzata dalla presenza in Italia di un solido Partito Comunista. Se poi nomini Adriano Celentano, agli intervistati si illuminano gli occhi. Sono proprio loro, i fan russi, con la loro simpatia, il fulcro del documentario: "I cantanti italiani sono in secondo piano", spiega Raffaini, "il film è soprattutto un omaggio ai russi, un bello spaccato sociale dell'Unione Sovietica". Italiani veri sarà presentato al prossimo Festival di San Pietroburgo in settembre. "Vorremmo portarlo anche in Kazakistan", dice, "lì c'è pure Son Pascal, che è diventato una pop star". Son Pascal è un cantante 27enne e il suo vero nome è Pasquale Caprino. Italiano, ovviamente.

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