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INDUSTRIA Francia

Rafforzare e adattare il modello francese: un ampio spettro di proposte

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- Gli Incontri per la diversità del cinema hanno riaperto il dibattito, alimentato dal rapporto Bonnell, sul finanziamento del cinema francese

Rafforzare e adattare il modello francese: un ampio spettro di proposte

“La situazione non è ancora disperata, ma è tempo di reagire”. René Bonnell, invitato ieri a Parigi a presentare il suo rapporto su “Il finanziamento della produzione e della distribuzione cinematografica nell'era del digitale” (scaricabile qui), ha svolto un’analisi tecnica dettagliata, arricchita da 50 consigli più o meno coercitivi che saranno ora oggetto di negoziazioni professionali o addirittura, in caso di fallimento di queste ultime, di decisioni del ministro della cultura Aurélie Filippetti

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Il rapporto spiega chiaramente quali siano i problemi attuali: erosione inarrestabile delle fonti di finanziamento per la produzione (cinema, TV, video); bipolarizzazione tra film ad alto budget talvolta eccessivo, opere fragili e in via di pauperizzazione, e film a medio budget in graduale scomparsa; costi di produzione in fuga (un fenomeno che sembra essersi un po’ calmato nel 2013); forti tensioni nella distribuzione (che è nel frattempo diventata un’attività a forte rischio); mercato dei VoD che non produce i risultati sperati… Una radiografia attenta, completata da uno studio del CNC sull’economia dei film d’iniziativa francese che ha passato al setaccio 1283 lungometraggi usciti tra il 2004 e il 2011, rivelando così varie cose: una tendenza globale leggermente in deficit (e che tende ad aggravarsi) tra introiti e costi, un valore patrimoniale delle opere (il 40% degli introiti dei film vengono realizzati a partire dal secondo anno di circolazione e l’84% dei film genera sempre introiti a sette anni dall’uscita), il fatto che circa un terzo dei film sia redditizio per il produttore (cosa da non sottovalutare per un’industria detta “dei prototipi”) e soprattutto un utile globale dei lungometraggi tra i 2 e i 15 miliardi di euro di budget.

Con 50 proposte chiare di adattamento del sistema francese, il rapport Bonnell punta a “ricondurre progressivamente i finanziamenti là dove si trovano le risorse”: “aumentare l’implicazione dei diffusori in ascesa”, “rivedere qualitativamente il livello d’obbligo dei diffusori maturi”, “ridistribuire gli investimenti verso i film a medio budget”, abbassare i costi di produzione (senza confondere il livello di budget con il finanziamento eccessivo), arrestare le pratiche inaccettabili per quanto riguarda il cachet di alcuni artisti (gli anticipi per l’interesse), rafforzare i capitali propri delle società di produzione, che bisognerebbe peraltro invogliare a condividere gli sforzi tra loro, aumentare il sostegno alla distribuzione, ottimizzare gli aumenti degli utili (cosa che avrebbe anche virtù anti-inflazionistiche) o ancora ridurre da 36 mesi a 18 successivi all’uscita nelle sale la disponibilità per gli abbonamenti VoD, rendere meno rigida l’esclusiva di Canal+ e dei canali in chiaro offrendo loro in cambio un aumento degli spazi nella cronologia dei media.

Un ampio spettro di proposte (che include dei ritocchi al sostegno automatico e selettivo del CNC) che sarà ora oggetto di un accordo professionale che si preannuncia difficile, dato che ciascuna parte ha un’idea molto diversa su quali siano le priorità. Un gruppo di lavoro sui film “fragili” si è lamentato del fatto che il rapporto non abbia dato spazio al problema cruciale della diffusione dei film nelle sale. Ciò nonostante, il rapporto ha generato una presa di coscienza collettiva della necessità di rivedere il sistema francese. Si vedrà quali saranno le prime decisioni e se la solidarietà professionale l’avrà vinta sul prezzo del compromesso o se la politica dovrà intervenire per velocizzare le riforme della seconda più grande industria cinematografica del mondo.

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