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FILM Repubblica Ceca

Fair Play: eroi morali di un passato recente

di 

- Con un’ode agli eroi morali, il terzo film di Andrea Sedláčková porta avanti l’onda dei recenti successi cechi

Fair Play: eroi morali di un passato recente
Fair Play di Andrea Sedláčková

Andrea Sedláčková ha ricevuto il testimone da due film domestici di grande successo di critica e pluripremiati, In the Shadow [+leggi anche:
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 e Burning Bush [+leggi anche:
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. Il suo nuovo lungometraggio, Fair Play [+leggi anche:
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, è ambientato ancora nell’era socialista, ma riesce a competere con gli altri due titoli in termini di qualità. Uno dei temi attuali e persistenti nel cinema ceco è il ritratto del periodo non così distante del comunismo e l’eroizzazione di persone capaci di opporsi al regime, mettendo a rischio la qualità della loro vita o addirittura la loro stessa esistenza.

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Fair Play parla di doping sportivo e del dilemma dell’immigrazione. Lasciare o non lasciare il paese è una domanda che Andrea Sedláčková, che ha lasciato la nazione nel 1988 e da allora ha vissuto a Praga e in Francia, conosce bene. Sedláčková è nota per i suoi film per cinema e TV nella Repubblica Ceca e per il lavoro da montatrice in Francia (dov’è stata nominata ad un César al Miglior Montaggio con Welcome [+leggi anche:
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). Autrice della sceneggiatura, la regista utilizza il tema poco esplorato del potenziamento illegale delle performance degli atleti da parte dello Stato per dimostrare il benessere nei Paesi del blocco sovietico, tecnica promozionale piuttosto comune nei regimi totalitari.

La giovane atleta Anna (la star emergente slovacca Judit Bárdos) si allena per le qualificazioni che potrebbero portarla all’ammissione ai Giochi Olimpici di Los Angeles. Si allena tutti i giorni sotto l’occhio attento del suo allenatore (l’attore slovacco Roman Luknár) fino a quando i ranghi più alti dello Stato notano il suo talento e decidono di imprimere una spinta alla sua carriera: Anna entra a far parte di un progetto di ricerca statale sull’uso di steroidi anabolizzanti illegali. La ragazza capisce presto cosa sta succedendo: numerosi effetti collaterali hanno un impatto negativo sulla sua salute. La sua scelta morale sarà il tentativo di ottenere una medaglia olimpica senza sostanze vietate, decisione che i superiori non accettano e che mettono a rischio la sua carriera.

Le storie sullo sfondo giocano invece con l’idea dell’immigrazione attraverso gli occhi della madre della protagonista (la ceca Aňa Geislerová). Il marito le ha lasciate, e questo ha pesato sulla carriera della moglie che non riesce a trovare un lavoro migliore di quello da donna delle pulizie. Non vuole che la figlia commetta gli stessi errori, e vede la partecipazione alle Olimpiadi come un’opportunità per emigrare. La suspense è mantenuta attraverso le due storie: Anna si innamora, e smette di pensare ad emigrare, mentre la madre aiuta i dissidenti, spingendosi continuamente sotto i riflettori dei servizi segreti.

Sedláčková ha scritto una sceneggiatura scorrevole e ben strutturata, e ha un grande talento nello sviluppo dei personaggi. La storia e i suoi temi non sono però gli unici aspetti lodevoli del film. Raccontare una vicenda su uno sfondo storico diverso è sempre una sfida per i direttori della fotografia: Jan Baset Střítežský (The House [+leggi anche:
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 di Zuzana LiováAlois Nebel [+leggi anche:
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di Tomás Luňák) sceglie immagini poco sature e una tenue luminosità in contrasto con i colori accesi di Tender Waves [+leggi anche:
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 di Jiří Vejdělek, richiamando una nostalgia tutt’altro che gioiosa. Grazie alla forza della sua storia e all’eccezionale realizzazione, Fair Play seguirà senza dubbio le orme di In the Shadow e Burning Bush.

Fair Play è una produzione ceco/slovacco/tedesca di Negativ Film, con Departures FilmArina Film e Barrandov Studios. La distribuzione è curata da Falcon nella Repubblica Ceca e Saturn in Slovacchia. 

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(Tradotto dall'inglese)

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