L’échappée belle: la favola dell’incontro felice
- La sezione TaoEdu del 61º festival del cinema di Taormina ha presentato l’opera prima di Émilie Cherpitel, lo stesso giorno della sua uscita in Francia

La prima avventura dietro la macchina da presa di Émilie Cherpitel, proiettata nella sezione TaoEdu del 61º festival del cinema di Taormina, è intitolata L’échappée belle [+leggi anche:
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scheda film] e presenta non pochi rischi. Il film ruota attorno al rapporto inaspettato che si instaura tra una donna che vive tra le nuvole e un bambino scappato da un istituto. Dopo pochi minuti di film, già vediamo Léon sistemato a casa di Eva. La successione rapida e incredibile di eventi in queste prime fasi del film provoca notevole stupore nello spettatore, ma la gradevolezza e l’audacia del racconto fanno sì che la sua attenzione non cali.
Cherpitel rivela quindi le chiavi e il contesto della sua storia nel momento stesso in cui rafforza il legame tra questi due personaggi abbandonati, uno per volontà propria, l’altro per volontà altrui. Léon è scappato più di una volta dall’istituto e si chiede perché la madre abbia smesso di preoccuparsi di lui; Eva vive senza la cognizione del tempo in un appartamento di Parigi e introduce il suo nuovo e sconosciuto inquilino nel suo ambiente, ossia: suo padre, immerso nei suoi libri; sua sorella, fabbrica di figli e di morale spicciola; il suo amante, John, che incontra negli hotel in giro per l’Europa, e il suo vicino e amico Simon.
I diversi scenari in cui si svolge l'azione (appartamenti vari, caffetterie, ville, Roma...) presentano sistematicamente una vasta e impeccabile gamma di colori. A questa cornice da favola, piena di vetri colorati, riferimenti letterari e artistici, e all'insegna del godimento, contribuisce il sorriso splendente di Eva (Clotilde Hesme) e il carattere accattivante di Léon (Florian Lemaire), che agiscono come se fossero isolati dal mondo e dai suoi problemi.
Ma Émilie Cherpitel non rinuncia ad ancorare i suoi personaggi a un contesto reale. Il denaro non è mai un motivo di preoccupazione nel film, ma lo sono il bisogno di spiegare da dove proviene quel bambino, l'obbligo di riportare Léon all'orfanotrofio, le responsabilità che prima o poi Eva deve assumersi nella vita... La regista e sceneggiatrice, pertanto, cerca di gettare un ponte di coerenza tra l’imprevedibilità dell’immaginazione e la prevedibilità del reale. La scommessa, anche se lodevole per qualcuno che fa la sua prima incursione nel lungometraggio, è forse troppo ambiziosa e finisce per lasciare l’insieme del racconto, agli occhi dello spettatore, privo di un filo di verosimiglianza.
(Tradotto dallo spagnolo)
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