Back Home: una guerra di riadattamenti
- Andrei Cohn parla di famiglia e status nella sua arguta e sensibile opera prima

Il primo film di Andrei Cohn, Back Home [+leggi anche:
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intervista: Andrei Cohn
intervista: Andrei Cohn
scheda film], presentato in concorso al 21° Sarajevo Film Festival (14-22 agosto), colpisce per la sua brillante sceneggiatura ricca di dialoghi, scritta da Mimi Brănescu, ma anche per il suo interessante approccio e i personali punti di vista sulla famiglia e sulla vita.
Alexandru Papadopol (Stuff and Dough di Cristi Puiu) è Robert, poeta e giornalista di Bucarest. Torna a casa, al villaggio dove è nato, che non vede dalla morte di sua madre. Il suo rapporto con il padre (Florin Zamfirescu) non è dei migliori, e certo non aiuta il fatto che l'anziano viva ora con Iuliana (Nataşa Raab). Nelle 24 ore successive, Robert affronterà il suo passato, sforzandosi notevolmente di reinterpretare il suo presente. È una guerra di riadattamenti: le aspettative, lo status e le ambizioni saranno messi in discussione alla ricerca di una certa chiarezza esistenziale.
Cohn utilizza lo status di Robert come punto di partenza per mostrare come sia diversa la vita nella capitale rumena da quella nelle province. Il paesino è piccolo, e l'unico negozio funge anche da bar, dove l'insegnante beve insieme agli alcolisti locali. Non importa quanto sia normale, Robert è l'uomo di successo con cui tutti sono ansiosi di parlare. Vive a Bucarest, è uno scrittore, ha visto il mondo. È quello che è riuscito ad andar via e che ora fa la bella vita nella capitale.
Ma in realtà, Robert è semplicemente un uomo esausto, che non sa più quale strada prendere nella sua vita. In una delle scene più forti del film, l'uomo è steso sul letto in casa di suo padre, circondato da tonnellate di accessori che farebbero venire l'emicrania a un designer Ikea (a meno che non abbia una passione per i cuscini ricamati). È ovvio che Robert deve tornare indietro per andare avanti. E tornare indietro non significa solo a casa di suo padre.
Robert ritroverà Petrică (Andi Vasluianu), il suo migliore amico d'infanzia, e Paula (Ioana Flora), la sua fidanzata del liceo, al bar del paesino. Iniziata come una sorta di piacevole scambio di battute sarcastiche tra i due uomini (la parte più insulsa della sceneggiatura), la conversazione si fa poi più profonda quando si unisce Paula. Figlia di un ex sindaco e ragazza più ambita del villaggio fino a dieci anni prima, Paula è ora una divorziata responsabile del negozio. È l'esempio perfetto di come la mancanza di prospettive e la sfortuna possano schiacciare i sogni di una persona, ma è anche la riprova del fatto che a volte la mancanza di sogni è anche la via ad una vita comoda, tranquilla e non-infelice. È solo una questione di aspettative.
Scritto e diretto da uomini, Back Home colpisce per il convincente punto di vista femminile sulla vita e sulla famiglia. Una conversazione con la serena Iuliana, una visita a tarda notte a casa di Paula e una cena da Petrică sono tutte occasioni per una fresca prospettiva femminile sul mondo solitamente maschilista del cinema rumeno. Sia Petrică che Robert sembrano sciocchi a confronto con i personaggi femminili. Sebbene la più profonda di loro sia Paula, la moglie di Petrică impressiona per il suo punto di vista e l'eccellente interpretazione di Mirela Oprişor (che interpretava la moglie in Tuesday, After Christmas [+leggi anche:
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intervista: Radu Muntean
scheda film] di Radu Muntean). Non avere una famiglia, non volerla, o adattarsi a una nuova idea di famiglia sono i temi al centro del dramma di Cohn, probabilmente la miglior opera prima che la Romania è riuscita ad offrire nel 2015.
(Tradotto dall'inglese)
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