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ROMA 2023

Recensione: Mur

di 

- L’esordio alla regia dell’attrice Kasia Smutniak è un viaggio nella sua memoria e un diario dei giorni passati a cercare il muro tra Polonia e Bielorussia che impedisce l’ingresso ai migranti

Recensione: Mur
Kasia Smutniak in Mur

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di Agnieszka Holland, Premio speciale della giuria alla Mostra di Venezia, e Mur [+leggi anche:
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di Kasia Smutniak, presentato in anteprima mondiale al Toronto Film Festival e selezionato poi alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Special Screening. Entrambi denunciano il trattamento brutale e disumano riservato ai migranti bloccati al confine tra Polonia e Bielorussia, la “zona rossa”, dove è scoppiata una crisi nel 2021. Il legame si ferma qui. Il lungometraggio che ha scatenato un’ondata di odio nei confronti della 74nne filmmaker polacca è una drammatica ricostruzione finzionale sulla base delle testimonianze di profughi e attivisti soccorritori. L’esordio alla regia dell’attrice polacca naturalizzata in Italia - protagonista della serie italo-britannica Domina e nota per le sue apparizioni nei film di Paolo Sorrentino (Loro [+leggi anche:
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), i fratelli Taviani (Maraviglioso Boccaccio [+leggi anche:
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), Paolo Genovese (Perfetti sconosciuti [+leggi anche:
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) - è un film documentario, una sorta di diario di viaggio personale. Ed esce in Italia immediatamente dopo i risultati delle elezioni politiche in Polonia, che ora potrebbe abbandonare la deriva sovranista che l'ha caratterizzata per otto anni.

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Smutniak, nata nel nord ovest della Polonia, ha deciso di partire assieme alla cosceneggiatrice Marella Bombini – che è in questo viaggio anche operatrice, con smartphone e telecamere ultraleggere) – nel marzo del 2022, quando da pochi giorni la Russia ha invaso l'Ucraina e la Polonia è tra i primi Paesi d’Europa a dare asilo ai rifugiati. La meta di Smutniak è però quel muro che il governo polacco sta finendo di costruire nella zona rossa per impedire l’ingresso ai migranti in cerca di rifugio nell'Unione europea. Nel tentativo di avvicinarsi alla striscia di terra che corre lungo tutto il confine bielorusso, dove l'accesso non è consentito ai media, Smutniak si affida ad alcuni attivisti locali, per lo più legati a Grupa Granica, una organizzazione che fornisce aiuti umanitari: cibo, vestiti, medicinali. Come Maiusz, detto “l’uomo foresta”, Zosia, Silvia, Jakub, Ewa. “Bisogna fare la cosa giusta”, dicono. Smutniak segue Maiusz in una delle loro missioni notturne, seguendo il “pin” (le coordinate della posizione sulla mappa gps), alla (inutile) ricerca di 6 profughi cubani, evitando i numerosi checkpoint della polizia di frontiera. “Come si può decidere il destino, la vita o la morte di qualcun altro? Nessuno è Dio” commenta con amarezza un’attivista. I morti si contano a centinaia: di stenti, intrappolati nelle paludi di Narewka, o attaccati dai lupi, in questa distesa di alberi meravigliosa e immensa, Puszcza Białowieża, l’ultima grande foresta vergine d’Europa, che il vice primo ministro Jarosław Kaczyński ha ordinato di disboscare. Poi a sorpresa (per lo spettatore) arriva una visita guidata al famigerato muro. Smutniak nasconde un microfono e sentiamo la poliziotta di confine spiegare con orgoglio che è lungo 186 chilometri e alto 5,5 metri, dotato di telecamere e sensori di movimento in caso qualcuno scavasse un tunnel.

Da un muro ad un altro, più antico, quello del cimitero ebraico del ghetto di Litzmannstadt, di fronte alla finestra di casa dei nonni a Łódź, dove la regista giocava da bambina. In questa spedizione a ritroso nel suo passato, la regista si cimenta in un metaforico accostamento tra intolleranza, pregiudizio, segregazione di ieri e di oggi. Lo fa con pudore. Smutniak non può del resto prescindere da suo corpo attoriale, strumento fondamentale della propria espressione artistica. Che può essere testimonianza e memoria. Ecco allora che la camera indugia a lungo sul suo volto, sulle sue espressioni, su certe frasi incompiute, su elementi personali che non sono strettamente funzionali alla narrazione. Questo probabilmente non gioca a favore del rigore richiesto dal formato documentario e lo spettatore potrebbe rimanere spiazzato. Ma è il suo viaggio. E la sua personale call for action.

Mur è prodotto da Fandango in associazione con Luce Cinecittà, che lo distribuisce in Italia dal 20 ottobre. Le vendite internazionali sono a cura di Fandango Sales.

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