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CANNES 2016 Quinzaine des réalisateurs

Poesía sin fin: aquila, angelo, demoni e farfalla

di 

- CANNES 2016: Rimmergendosi nella sua genesi d'artista, Alejandro Jodorowsky ci trasporta in un viaggio che mette a nudo la sua bruciante passione con grande controllo

Poesía sin fin: aquila, angelo, demoni e farfalla

"Una vergine illumina il nostro cammino come una farfalla ardente". Di ritorno alla Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes tre anni dopo avervi presentato La danza della realtà [+leggi anche:
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, il cineasta culto e "guru" della psicomagia Alejandro Jodorowsky mantiene alta la sua reputazione con Poesía sin fin [+leggi anche:
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, un film che attraversa la soglia tra il surrealismo e l’azione senza mai deviare dalla sua linea e che si rivolge sia ai novizi del simbolismo che agli appassionati delle strutture e dei personaggi strani che esso produce. Ma in linea col suo lavoro precedente, e a differenza delle sue stupefacenti opere degli anni ‘70 (El topo, La montagna sacra), il regista dà al film una confezione autobiografica più modesta e apparentemente meno stravagante, seguendo un filo narrativo tradizionale (la storia della sua gioventù d’artista a Santiago del Cile), il che naturalmente non gli impedisce di lasciarsi andare a un fuoco di fila di trovate, giocando con il teatro dell’assurdo impregnato di colori e riflessi. Un film in cui, come sottolinea uno dei personaggi, "un artista può entrare in qualsiasi momento". 

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Poesía sin fin riprende il filo laddove La danza della realtà lo aveva lasciato, con il giovane Alejandro (Jeremias Herskovits) e i suoi genitori che lasciano Tocopilla per trasferirsi nella capitale cilena dove il padre (Brontis Jodorowsky) ha un negozio in un quartiere miserabile e orienta suo figlio verso gli studi di medicina. Ma tra questo padre percepito come Führer omofobo e ossessionato dal denaro e una madre devota e premurosa, l'adolescente si sente morire, decide di diventare poeta e taglia clamorosamente il cordone con la sua famiglia. Ospitato da due sorelle appassionate d’arte in una casa che dà rifugio a una piccola cerchia di aspiranti performer (danzatore simbiotico, ultra-pianista, poli-pittore, scultore), Alejandro entra così nella vita bohèmienne. Il tempo passa (e il ruolo è ripreso da Adan Jodorowsky). Dall’inevitabile patto con il diavolo (una terribile musa dalla criniera rossa e la colonna vertebrale tatuata con teste di morto) ai miracoli del caso e della luce (un atelier provvidenziale dove il nostro eroe può continuare a fabbricare marionette), passando per la poesia in azione col suo amico Enrique Lihn (Leandro Taub), il percorso iniziatico dell’artista avviene non senza lati oscuri. Perché voler essere un’aquila in volo, un angelo in mezzo ai demoni e ai morti viventi non sempre è facile, e nessuno sfugge al suo specchio… 

Raccontata così, la trama di Poesía sin fin (venduto da Le Pacte) può sembrare relativamente innocente, ma il trattamento che applica Alejandro Jodorowsky è fedele al suo amore per la follia della vita, dove paradiso e devastazione vanno di pari passo, perché "bisogna ridere di tutto, anche del peggio". Ogni peripezia e ogni inquadratura è quindi l’occasione per una deviazione scioccante, divertente o suggestiva. E il film (il cui  programma s’iscrive nelle tre parole del suo titolo, lett. Poesia senza fine) è anche una sorta di testamento "work in progress" per un cineasta di 87 annni (che fa qualche apparizione da demiurgo nel film) che ha raggiunto uno stadio in cui può mettere a nudo la sua bruciante passione con eccezionale controllo, e pronto a essere appuntato tra i grandi della sua confraternita.

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(Tradotto dal francese)

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