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CANNES 2016 Settimana della critica

Tramontane: "Un caso speciale"

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- CANNES 2016: Vatche Boulghourjian si rivela con un’opera prima riuscita e appassionante su un uomo alla ricerca della propria identità in un Libano che mente sul suo passato

Tramontane: "Un caso speciale"

"Questi uomini non hanno coscienza. Fanno quello che vogliono e poi si nascondono". Con Tramontane [+leggi anche:
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scheda film
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, classico film sulle innumerevoli bugie e la verità sfuggente, arricchito da nuovi accordi particolarmente astuti ed efficaci, il libanese Vatche Boulghourjian ha fatto un apprezzabile ingresso nell’universo del lungometraggio, in competizione alla Settimana della Critica del 69° Festival di Cannes.

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Formatosi alla New York University e già distintosi sulla Croisette nel 2010 con il terzo premio della competizione dei film di scuola della Cinéfondation con il suo corto Fifth Column, il regista si rivela un ottimo sceneggiatore, che manipola per strati successivi l’enigma al centro del suo soggetto: la ricerca personale condotta da un protagonista che è doppiamente cieco, fisicamente sin dall’infanzia e psicologicamente quando scopre per caso che la sua carta d’identità è falsa e che non è legalmente registrata. Un fulmine a ciel sereno che lo proietta in un’indagine esistenziale complicata da una spirale di segreti e di realtà prefabbricate a immagine di un paese, il Libano, dove la guerra civile (1975-1990) ha lasciato tracce profonde accuratamente camuffate.

Oltre a far risuonare un destino individuale nella storia frammentata di una nazione, l'altra buona trovata di Vatche Boulghourjian è fare del suo personaggio principale Rabih (Barakat Jabbour) un giovane musicista e cantante, il che offre a Tramontane qualche volata musicale di grande bellezza e con messaggi subliminali ("una risposta, anche se mi vuoi accusare, dammi una risposta"; "sono partiti e non sono mai tornati, lasciando il mio cuore in pezzi"). Ed è proprio con una canzone di Rabih, circondato da sua madre Samar (Julia Kassar) e da suo zio Hisham (Michel Adabashi) che comincia il film. Poi, molto presto, Rabih che deve procurarsi un passaporto per una tournée all’estero col suo gruppo di musicisti, scopre che i suoi documenti sono falsi e rischia l’arresto (una falsa pista che il regista sfrutta all’inizio in modo molto sottile per instaurare un’atmosfera d’incertezza sulle attività reali dei personaggi). 

Segue una prima bugia di sua madre: il certificato di nascita è andato perduto durante la guerra, ma dato che l’ospedale non ne ha traccia nei suoi archivi e chiede un test del sangue, la donna confessa a Rabih che è stato trovato neonato da suo zio durante un pattugliamento in un villaggio del Sud distrutto dalla guerra. Ma il viaggio di Rabih sul posto aumenterà il mistero perché il luogo non è stato mai raggiunto da alcun conflitto e nessun bambino vi è scomparso. Lo smarrimento, la rabbia e la discordia entrano nella vita del cieco ("tutto intorno a me è falso") che rimane con le spalle al muro (sua madre non è sua madre, e "se non conosci il tuo nome, come fai a sapere chi sei?") e prosegue ostinatamente le sue ricerche che lo portano a interessarsi ai vecchi commilitoni di suo zio, che si è stranamente volatilizzato. Un’immersione in un passato nebuloso che gli riserva ancora altre menzogne e sorprese, in un paese dove il vero e il falso si confondono e dove "solo la terra è testimone".

Prodotto dal Libano, Tramontane è coprodotto dalla società francese Le Bureau - Le Petit Bureau e dal Qatar e gli Emirati Aarabi Uniti, con il sostegno di Biennale College - Cinema di Venezia, del Sundance Institute, di Arte, dell’aiuto ai Cinema del Mondo del CNC e del Berlinale World Cinema Fund. La distribuzione in Francia è gestita da Ad Vitam e le vendite internazionali da The Bureau Sales.

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(Tradotto dal francese)

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