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LONDRA 2016

Layla M.: un dramma onesto e coraggioso sull’islam radicale

di 

- Presentato in competizione ufficiale al Festival di Londra, l’ultimo film di Mijke De Jong coniuga con finezza uno studio dell’islamizzazione con le difficoltà del passaggio all’età adulta

Layla M.: un dramma onesto e coraggioso sull’islam radicale
Ilias Addab e Nora El Koussour in Layla M.

La regista olandese Mijke De Jong torna al cinema con Layla M. [+leggi anche:
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scheda film
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, un film fortemente politico che riflette il contesto attuale nei Paesi Bassi e in Europa. Presentato in competizione ufficiale al 60° Festival di Londra, e selezionato precedentemente al Festival di Toronto, il film si concentra sul personaggio di Layla M., interpretato da Nora El Koussour, una ragazza olandese di 18 anni di origine marocchina sedotta sempre più da un islam radicale.

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La scena d’apertura dà il tono al film: Layla, col velo, arbitra la partita di calcio del club di suo padre e discute con l’allenatore della squadra avversaria, lo accusa di islamofobia e abbandona il campo. I tratti della personalità di Layla sono svelati sin dalle prime scene: è brillante, come dimostra il suo successo a scuola, ma anche molto testarda. Convinta di essere rifiutata dalla società nella quale è pertanto cresciuta, comincia a interessarsi volontariamente a un islam politico fondamentalista.

De Jong, che ha anche co-firmato la sceneggiatura, rovescia subito i preconcetti che si possono avere sull’islamizzazione: Layla è in un primo tempo una giovane donna indipendente e consapevole delle sue scelte, e porta il niqab volontariamente per provocazione politica. Tenta anche, invano, di arruolare suo fratello maggiore nella sua lotta, sostenitore, lui, di un islam non politico. La concezione dell’islam di Layla riposa innanzitutto sulla privazione della libertà dei musulmani nei Paesi Bassi e sulle ingiustizie commesse dall’Occidente nel mondo; i video più o meno affidabili sui conflitti in Palestina e in Siria la indignano, e reagire diventa per lei necessario.

Una scena di notevole intensità cambia colore al film: la polizia olandese interroga uno a uno i membri del suo gruppo estremista durante una partita di calcio. La camera dinamica di Danny Elsen, ben padroneggiata per tutto il film, riesce a forgiare una scena particolarmente nera sia per il suo colore che per il suo contenuto. Dopo questo evento, Layla si radicalizza definitivamente. Il suo matrimonio, organizzato in pochi giorni, le permetterà di sfuggire al controllo dei suoi genitori, estremamente severi ma anche impotenti dinanzi alla situazione, nel rispetto della sua visione dell’islam.

Ciò che colpisce di Layla M. è la giustezza di tono che Mijke de Jong riesce a trovare per trattare un contesto politico dei più complessi. Non proviamo odio per questa ragazza in cerca d’identità, ma De Jong non ci lascia neanche la possibilità di provarne pietà. Le motivazioni di Layla e la sua visione del mondo sono tangibili e sono il risultato di un ambiente sociale complesso su cui è difficile intervenire. La regista di Bluebird ci dimostra così, con una forza e un coraggio prodigiosi, la possibilità di rappresentare in modo neutrale e senza giudizio un problema generazionale di un’ampiezza inedita.

Prodotto da Topkapi Films e co-prodotto da Chromosom Filmproduktion, Menuet bvba, Schiwago Film e Imaginarium Films (Giordania), Layla M. ha anche ricevuto il sostegno di Eurimages e del Netherlands Film Funds. Il film, venduto nel mondo da Beta Cinema, è ancora disponibile per la distribuzione nel Regno Unito.

La nostra copertura per il 60° BFI London Film Festival è gestita in collaborazione con lo UK National Film and Television School's MA in Cinema, Organizzazione e Gestione.

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(Tradotto dal francese)

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