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JIHLAVA 2016

Spectres Are Haunting Europe: la storia si reinventa

di 

- Il debutto di Maria Kourkouta e Niki Giannari è un trittico di documentari senza filtri sui rifugiati bloccati in Grecia

Spectres Are Haunting Europe: la storia si reinventa

Vincitore della sezione Opus Bonum del Jihlava IDFF (leggi le news), Spectres Are Haunting Europe [+leggi anche:
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scheda film
]
, della regista Maria Kourkouta e dello scrittore Niki Giannari, è un documentario decisamente politico, ma soprattutto umanistico composto da tre parti, la prima delle quali - la più lunga - è la più difficile da digerire. Tuttavia, la resistenza e la tolleranza saranno premiati con l’intensità e profondità del secondo segmento e il poetico, impressionistico finale.

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Il film è ambientato nel campo profughi improvvisato di Idomeni, un villaggio greco al confine con la Macedonia, dove 15.000 persone si sono trovate intrappolate nel marzo di quest'anno, quando la Commissione europea ha deciso di chiudere la "rotta balcanica". Il primo segmento descrive la vita quotidiana nel campo, che sembra consistere principalmente di attesa in coda, presumibilmente per il cibo e altri viveri. "Ogni volta che vedo una coda, vado e sto con gli altri", dice un rifugiato. A livello visivo, ciò si riduce prevalentemente a inquadrature fisse del movimento incessante dei piedi infangati sotto la pioggia battente, oltre a una debole protesta per chiedere che venga aperto il confine e i cori che inneggiano "Germania! Germania!".

Il secondo segmento mantiene la telecamera fissa e mostra rifugiati seduti lungo la ferrovia. In segno di protesta contro la chiusura del confine, hanno deciso di fermare i treni in transito. Qui abbiamo la possibilità di ascoltare alterchi di natura politica, per lo più tra il traduttore e i rifugiati. Alcuni di questi ultimi sono (con giusta ragione) amareggiati da questa situazione, mentre altri sembrano più inclini a mostrare gratitudine. Qui riusciamo a cogliere i pensieri e gli stati d'animo che i canali di informazione tradizionali spesso tralasciano, incentrati ora sulle esperienze tragiche ora sui comunicati ufficiali, e non si preoccupano di mostrarceli. 

La parte finale del film è la più toccante. Girato in 16mm in bianco e nero e in silenzio, tranne che per la voce femminile fuori campo, porta subito alla mente l'atmosfera delle riprese della Seconda guerra mondiale. Questa è la prima volta nel film che i rifugiati comunicano con la telecamera; vediamo sorridere gli uomini che prima protestavano, e bambini giocare a calcio e scherzare. Questo effetto sconcertante è amplificato dalla narrazione, scritta da Giannari, che abbandona l'evidente richiamo del titolo al Manifesto del Partito comunista e combina impressioni poetiche con descrizioni dei piedi infangati dei profughi greci ad Aleppo nel 1923, così come "Portbou, 26 settembre 1940" - il luogo e la data in cui Walter Benjamin si suicidò dopo che Franco chiuse i confini spagnoli.

Nel loro primo e ambizioso film, l'approccio senza compromessi di Kourkouta e Giannari è una dichiarazione forte, più umanistica che politica, nonostante il titolo. La poesia delicata del finale si scontra con la forma rigida della prima parte, a volte creando un effetto quasi catartico, altre, invece, mettendo alla prova la pazienza del pubblico. Ma un film sul fallimento più disastroso della società europea contemporanea non deve essere facile da guardare; deve essere come un sasso nei nostri vestiti puliti e occupati da corpi con lo stomaco pieno e tetti sopra le teste.

Spectres Are Haunting Europe è stato coprodotto dalla parigina Survivance e Maria Kourkouta.

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(Tradotto dall'inglese)

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