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BERLINALE 2017 Panorama Special

Chiamami col tuo nome: un dramma introspettivo tenero e sensuale

di 

- BERLINO 2017: Questo ritratto intimo di una storia d’amore omosessuale è il lavoro più dolce e misurato del regista Luca Guadagnino

Chiamami col tuo nome: un dramma introspettivo tenero e sensuale
Armie Hammer e Timothée Chalamet in Chiamami col tuo nome

Tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, l’ultimo film del regista italiano Luca Guadagnino, Chiamami col tuo nome [+leggi anche:
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, proiettato in Panorama Special della Berlinale, può facilmente essere definito il suo dramma più introspettivo, quieto e tenero fino ad oggi, poiché il regista vi limita i suoi frenetici svolazzi stilistici, in modo che l’affascinante racconto di formazione che rappresenta il cuore pulsante del film si fonda delicatamente con il viaggio contenuto di un adolescente verso la consapevolezza di sé.

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L’improvviso turbamento in un contesto di svago provocato dall'invasione di un ospite inaspettato diventa ancora una volta il punto di partenza per la narrazione; Guadagnino ha infatti impostato il suo dramma intorno allo stesso tema dell’acclamato A Bigger Splash [+leggi anche:
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. Questa volta, l'intruso serve da esca per introdurci in un terreno diverso, molto più contenuto e introspettivo, ma ancora una volta è il nuovo arrivato ad avere l’aria di adattarsi meglio allo stile di vita mediterraneo, easy-going e soleggiato, rispetto ai suoi ospiti semi-locali, multiculturali e trilingue.

Le tensioni sessuali emergono quando l'energia vagamente edonistica emessa da questo sconosciuto (di nome Oliver e interpretato in maniera imponente e chiassosa da un luminescente Armie Hammer) lo trasforma in una calamita sensuale per tutti. A partire da Elio (incarnato in modo coinvolgente da un Timothée Chalamet degno di un premio), figlio adolescente della famiglia, che all'inizio stenta persino a decidere se vuole essere come lui, o stare con lui.

Non sono necessarie che un paio di scaramucce infantili, però, per far scoprire a entrambi le rispettive intenzioni e avviarli verso l’inizio di una storia d'amore divorante: confessano così di essere reciprocamente attratti in quello che sarebbe il momento migliore del film sia in termini formali che drammatici, se non fosse per quel discorso assoluto consegnato da Michael Stuhlbarg, dopo che la relazione ha avuto inevitabilmente fine.

In un classico momento da “miglior attore non protagonista”, Stuhlbarg mette la ciliegina sulla straziante sensibilità dell'intero film con poche parole sagge, quando offre quello che sarà presto etichettato come uno dei migliori scambi padre-figlio catturati su pellicola, in quanto abbraccia sia l’era pre-AIDS dei primi anni Ottanta in cui si svolge il film, sia l'amara consapevolezza che, anche dopo decenni in cui l’attivismo gay ha provato a convertire l'omosessualità in una norma socialmente accettabile, una grande quantità di persone che hanno visto la loro vera natura traumaticamente rifiutata dai propri genitori continuerà a desiderare dolorosamente una relazione tenera e sincera come quella raffigurata qui.

Splendidamente fotografato da Sayombhu Mukdeeprom (di Lo zio Boonmee che si ricorda delle sue vite precedenti [+leggi anche:
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), e prodotto dalla brasiliana RT Features, l’italiana Frenesy Film Co e la francese La Cinéfacture, Chiamami col tuo nome è venduto nel mondo da Memento Films.

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(Tradotto dall'inglese)

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