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FILM Italia

Recensione: The Place

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- Presentato in chiusura alla 12a Festa di Roma, il nuovo film di Paolo Genovese è un huis clos con dieci personaggi in un bar, davanti alla propria coscienza

Recensione: The Place

Era uno dei film più attesi della stagione. Dopo il successo travolgente di Perfetti sconosciuti [+leggi anche:
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Paolo Genovese poteva osare e così ha fatto, estraendo dal suo cilindro un film ambizioso, metaforico, non per tutti, dove abbandona davvero per la prima volta il registro della commedia. Presentato in chiusura della 12a Festa del cinema di RomaThe Place [+leggi anche:
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 è il titolo del film e il nome del bar, con tanto di vistosa insegna luminosa, dove siede un uomo, sempre allo stesso tavolo, e dove entrano ed escono dieci personaggi, tutti i giorni, a tutte le ore, per incontrarlo e parlare con lui. Un film di dialoghi, una prova di attori, un huis clos concettuale, che pone allo spettatore un’unica sostanziale domanda: cosa sei disposto a fare per ottenere ciò che vuoi?

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Se Perfetti sconosciuti indagava la parte più oscura delle persone che ci stanno accanto, The Place scandaglia l’anima nera che ognuno ha dentro di sé. L’uomo seduto al bar giorno e notte (incarnato da Valerio Mastandrea) dà indicazioni alle persone che si rivolgono a lui su come esaudire i propri desideri, anzi, stipula con loro un vero e proprio contratto. Diventare più bella, passare una notte con una pornostar, salvare il proprio figlio, riacquistare la vista, ritrovare Dio, sono alcuni dei desideri che i vari personaggi del film espongono all’uomo del bar. “Si può fare”, risponde lui mentre scrive convulsamente sulla sua grande agenda, fitta di appunti in ogni angolo di ogni pagina. Ma c’è un prezzo da pagare. Un prezzo in alcuni casi molto alto: rubare una grossa somma di denaro, mettere una bomba in un locale, violentare una donna… Se si svolge il compito assegnato, il successo è garantito. Starà a ognuno di loro decidere se accettare o rifiutare l’accordo.

Genovese adatta con questo film una serie tv americana del 2010, The Booth At The End, vi aggiunge dei personaggi, ne toglie altri, intreccia le storie fra di loro, trova un finale per ognuna (la sceneggiatura è firmata dal regista con Isabella Aguilar). Seguiamo il progredire delle missioni assegnate, i personaggi si presentano puntuali davanti all’uomo per aggiornarlo (“raccontami i dettagli”, ripete lui a ciascuno di loro), assistiamo a esitazioni, ripensamenti, ma c’è anche chi mente, chi va oltre i limiti stabiliti, in un vortice di degenerazione umana da dove però si fa sempre in tempo ad uscire, basta volerlo. Il regista varia le inquadrature il più possibile, riprende i suoi attori da ogni angolo, ma non riesce a evitare una certa ripetitività nei gesti, nei movimenti, nelle dinamiche dei personaggi, che nel formato seriale originale (puntate da 12 minuti) è forse più digeribile che non in un lungometraggio di un’ora e tre quarti. Genovese si conferma tuttavia un autore coraggioso, alla ricerca di strade nuove, e come in Perfetti sconosciuti spinge lo spettatore a mettersi in discussione e lo manda a casa con una domanda in testa: cosa farei io al posto loro?   

Il cast all star è composto da Marco Giallini, Alba Rohrwacher, Rocco Papaleo, Vittoria Puccini, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi, Silvio Muccino, Silvia d’Amico, Giulia Lazzarini, con Sabrina Ferilli nei panni della cameriera del bar che, a porte chiuse e durante le pulizie serali, cerca di capire chi sia veramente quell’uomo misterioso cui tutti chiedono qualcosa (Dio? Il diavolo? La nostra coscienza?). Prodotto da Medusa Film con Lotus ProductionThe Place esce oggi, 9 novembre, in 510 sale con Medusa. Le vendite internazionali sono affidate a True Colours, che durante il recente MIA di Roma lo ha già venduto per la distribuzione in Russia e CIS, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Bulgaria, Bosnia, Croazia, Slovenia, Estonia, Lituania e Taiwan. 

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