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IDFA 2017

A Woman Captured: schiavitù moderna nel cuore dell'Europa

di 

- Il ritratto che Bernadett Tuza-Ritter fa di una schiava nell'Ungheria di oggi solleva questioni su questo fenomeno, ma anche sul cinema documentario

A Woman Captured: schiavitù moderna nel cuore dell'Europa

La filmmaker ungherese Bernadett Tuza-Ritter, montatrice, scrittrice, direttrice della fotografia e regista, ha appena presentato in anteprima mondiale il suo primo lungometraggio documentario, A Woman Captured [+leggi anche:
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, al concorso principale dell'IDFA

La cineasta ha scoperto casualmente un caso di moderna schiavitù, quando ha sentito una donna di nome Eta vantarsi di avere dei servitori. Tuza-Ritter ha voluto vedere con i suoi occhi e così ha incontrato Marish, una donna di 52 anni che negli ultimi 10 anni ha lavorato 20 ore al giorno per la famiglia di Eta. La regista ha chiesto il permesso di riprendere Marish, e Eta ha acconsentito in cambio di 300 euro al mese.

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La vita di Marish ha lasciato dei segni molto evidenti sul suo corpo: con le rughe che le attraversano il viso e senza denti dimostra almeno 70 anni. E Tuza-Ritter si concentra solo su di lei, tenendo l'obiettivo quasi sempre puntato in sua direzione, e lasciando penetrare solo le voci della famiglia che la tiene prigioniera.

Marish dorme su un divano e deve essere pronta a scattare per ogni capriccio di Eta o dei suoi figli, altrimenti viene picchiata. Sin dall'inizio del film la sua mano è ingessata perché rotta. La regista la segue perlopiù con piani medi e primissimi piani, con la camera a mano, e a volte parlano a bassissima voce. La cineasta, nell'incredulità, le domanda cosa accadrebbe se provasse a fuggire e sembra che sia proprio questo a dare a Marish il coraggio di tentare. 

Il film offre pochissime spiegazioni, non sappiamo esattamente come Marish sia finita in quella situazione; sappiamo che anche lei deve dare tutto il suo denaro a Eta, una  pensione che le spetta per aver lavorato in fabbrica, e in cambio riceve solo cibo e tabacco. 

La crudeltà e il cinismo di Eta e dei suoi figli sono sconcertanti, come il fatto che lasci girare la regista in casa, sicura che Marish non racconterà a Tuza-Ritter la verità o, peggio ancora, non avendo alcun timore che questo possa accadere. 

A poco a poco, filmmaker e protagonista si avvicinano, e questo dà a Marish la forza e la concentrazione per cominciare a programmare una fuga. Il loro rapporto è a momenti toccante ed è fortemente contrastato dal personaggio di Eta, che appare a volte come una strega cattiva uscita da una qualche fiaba dei fratelli Grimm. Anche troppo, talvolta, tanto da risultare quasi incredibile, per quanto si possa essere disincantati sulla natura umana. 

Tuttavia, la potenza del film è innegabile e le questioni che tocca, da entrambe le parti della telecamera, sono importanti e meritano di essere mostrate e discusse: da una parte, il fenomeno della schiavitù moderna e il fatto che circa 1,2 milioni di persone, in Europa, ne siano in qualche modo vittime; dall'altra, la questione del rapporto tra il documentarista e il protagonista e l'influenza diretta che il primo può avere sul soggetto che rappresenta. 

A Woman Captured è una coproduzione dell'ungherese Éclipse Film e della tedesca Corso Film [+leggi anche:
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; Syndicado possiede i diritti internazionali.

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(Tradotto dall'inglese)

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