Recensione: RocKabul
- Il debutto alla regia del musicista australiano Travis Beard segue la prima e ultima band heavy metal afgana nella sua lotta per la libertà di espressione
Nel periodo tra il 2007 e il 2012, la capitale dell'Afghanistan, Kabul, aveva una vasta comunità di espatriati con una propria scena culturale underground, così separata dalla società afgana tradizionale da farsi chiamare "Kabubble". Il musicista e giornalista australiano Travis Beard faceva parte di questa scena, che nel suo momento d'oro è riuscita a unire la comunità degli espatriati attorno a band locali che volevano fare musica rock'n'roll, che nel paese islamico era bandita. Ed è così che ha scoperto la prima – e finora l'ultima – band heavy metal afgana, District Unknown.
Francamente, la band non è un granché quando la incontriamo per la prima volta, ma è difficile biasimarli, e non è certo questo lo scopo del documentario di Beard RocKabul [+leggi anche:
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scheda film], che è stato presentato in anteprima mondiale a Rotterdam ed è appena uscito nei cinema norvegesi. Autodidatti e desiderosi di emulare i loro eroi ed esprimere i loro sentimenti sulla situazione in patria, il batterista Pedran, il fratello bassista Qasem e i suoi cugini, il chitarrista Qais e il cantante Lemar, provano in stanze anguste e cantine decrepite, prima di arrivare a dare il loro primo concerto al festival expat di Beard, Sound Central.
Ovviamente il festival è pesantemente sorvegliato dalla polizia e dalla sicurezza privata, visto che, come proclama un giudice talebano all'inizio del film, è consentito uccidere chi sceglie la via della musica rock. Ma la situazione cambia nel corso degli anni, e ad un certo punto sembra che sia abbastanza sicuro organizzare un evento aperto al pubblico, così Beard fa squadra con l'Institut Français di Kabul per farlo nella loro sede.
Nel frattempo, Lemar è partito per sposarsi in Turchia (uno dei motivi chiave del film è che i giovani afgani amano il loro paese, ma se ne vanno non appena gli si presenta l'opportunità), e un nuovo vocalist, Youssef, si unisce alla band. Non proprio un grande cantante, ma personaggio energico e carismatico, Youssef guida il gruppo in una elettrizzante performance che accende il pubblico e vale ai District Unknown un’intervista con la più grande emittente televisiva dell'Afghanistan. Da un lato, questo porta loro una visibilità che gli permetterà di suonare di fronte a 10.000 persone in un festival in India, ma dall'altro attira l'attenzione dei fondamentalisti e mette la band in pericolo di morte. E quando le truppe statunitensi iniziano a lasciare il paese, la loro situazione può cambiare solo in peggio.
Girato per la maggior parte da Beard con una camera a spalla, il film ha un'estetica decisamente lo-fi, che ricorda innumerevoli video demo di gruppi musicali. Il suono durante le prove della band è anche peggiore perché l’unico microfono utilizzato è quello della videocamera e la qualità dell’attrezzatura del gruppo lascia a desiderare, così come l'acustica delle stanze in cui si esercitano, ma tutto va a favore del film, giacché si adatta perfettamente all'ambientazione e al tema. RocKabul è sicuramente un film rock'n'roll nel suo spirito e nel suo approccio, ed è un peccato che non si riesca ad ascoltare correttamente neanche una canzone intera della band di cui parla. Tuttavia, il loro unico album, Anatomy of a 24 Hour Lifetime, è disponibile online e vale la pena ascoltarlo.
RocKabul è una coproduzione delle australiane NoThing Productions, Tiger Nest e Argus, e della norvegese UpNorth Film. La berlinese Monoduo detiene i diritti internazionali.
(Tradotto dall'inglese)