Recensione: Io c’è
- Alessandro Aronadio firma una commedia che irride religioni, credenze, miti e superstizioni dei nostri tempi. Nelle sale italiane dal 29 marzo
Le suore, tutte in abito nero, avanzano al rallenti. La citazione della scena dei titoli di testa delle Iene di Quentin Tarantino è evidente. Parte subito giocosa la commedia Io c’è [+leggi anche:
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scheda film] di Alessandro Aronadio (Orecchie [+leggi anche:
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intervista: Alessandro Aronadio
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Massimo (Edoardo Leo, Smetto quando voglio [+leggi anche:
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intervista: Sydney Sibilia
scheda film]) è il classico “furbetto” italico, proprietario di un bed & breakfast nel centro di Roma, ridotto ai minimi termini dalla pressione fiscale. Osserva con invidia il convento gestito da suore dall’altro lato della strada: viavai di turisti, che alla fine del soggiorno offrono spontanee e laute donazioni. Completamente esentasse.
Massimo capisce che per non pagare un centesimo di imposte bisogna creare un “luogo di culto”. Dopo aver provato ad introdursi nelle cerchie più o meno ristrette di cattolici, ebrei e musulmani con una serie di incontri piuttosto spassosi, Massimo ha una sorta di “epifania” e decide di fondare una nuova religione. Aiutato dalla sorella commercialista Adriana (Margherita Buy) e dal fidanzato della sua ex moglie Marco (Giuseppe Battiston), una sorta di guru-scrittore senza lettori, il protagonista crea lo Ionismo, una fede che mette se stessi al centro dell’universo. “Non avrai altro dio all’infuori di te”.
E’ facile a questo punto per gli sceneggiatori (lo stesso regista con Renato Sannio, Edoardo Leo e Valerio Cilio) pescare a piene mani nella miriade di improbabili sette guidate da sedicenti illuminati predicatori, con effetti spesso divertenti. Per sua ammissione, Aronadio ha pensato alla Chiesa Pastafariana nata negli Usa anni fa, che adora il Prodigioso Spaghetto Volante, o, su più vasta scala, all’Assemblea de Deus, un movimento evangelico che in Brasile conta milioni di adepti e che sostiene che Dio si manifesta attraverso chiunque. Ostinatamente laico e corrosivo, al punto da rischiare di offendere la sensibilità religiosa di chi non sa coglierne la parodia, il film trova la sua forza nella figura cialtronesca di Massimo, ben assistito dai due coprotagonisti, ma si perde a volte in sketch innocui.
Se è possibile ritrovare nel film il suggerimento che possa esserci un’etica senza Dio, una moralità umana che faccia a meno delle religioni, con uno sforzo di immaginazione è altrettanto possibile dare un’interpretazione politica e pensare alla retorica messianica di certi movimenti, che si esprime soprattutto attraverso i nuovi canali social.
Il film, prodotto da Italian International Film, sarà nelle sale italiane dal 29 marzo con Vision Distribution.