Recensione: Cold War
di Kaleem Aftab
- CANNES 2018: Pawel Pawlikowski rielabora gli elementi del suo film premio Oscar Ida per creare un altro racconto formidabile che ha buone chance per la Palma d’Oro
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scheda film], un racconto formidabile, intriso di musica, in bianco e nero, i cui personaggi abitano quel mondo di segreti che era la vita dietro la Cortina di ferro – e l’accattivante risultato dei suoi sforzi ha buone chance nella corsa per la Palme d’Oro al Festival di Cannes. Il cuore del film è una storia d'amore tra il regista teatrale di musical Wiktor (Tomasz Kot) e la giovane cantante Zula (Joanna Kulig), di cui lui si infatua immediatamente dal momento in cui si incontrano a un'audizione per un progetto folk polacco, il Mazowsze Folk Ensemble, formatosi per aiutare a risollevare l'umore della nazione all'indomani della Seconda guerra mondiale. Le scene di apertura del film, con i paesaggi freddi e innevati, mettono in evidenza come la musica sia un meccanismo di sopravvivenza per i polacchi, ancora traumatizzati dal dominio nazista, e nonostante i tedeschi se ne siano andati, l'atmosfera rimane invernale.
Wiktor è uno scapolo raffinato e di alta classe, mentre Zula appartiene alla classe operaia e si vocifera che abbia ucciso suo padre. L'azione si svolge in 15 anni e vede la coppia separarsi e rincontrarsi più volte. Pawlikowski sceglie uno svolgimento episodico, concentrandosi sui momenti in cui si incontrano, in Polonia, Germania, Jugoslavia e Francia, e lascia al pubblico il compito di unire i punti. È una narrazione efficace e intelligente dal forte impatto emotivo. Gli indizi su ciò che è successo agli amanti e anche alle persone che sono diventate sono contenuti nell'incredibile musica che risuona nel film. Quando la compagnia viene cooptata dal governo comunista, questo provoca una frattura tra Wiktor e Zula. Zula è la più forte dei due: è una sopravvissuta, il che significa che può giocare la partita meglio di Wiktor, che va in esilio. Il destino è contro di loro.
Come in L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera, la loro love story è solo la punta di una storia più ampia su come le forze sociali possono controllare le nostre vite. È un film romantico con un forte messaggio politico che ha una profonda risonanza oggi. La storia è ispirata e i personaggi prendono il nome dai genitori del regista, a cui il film è dedicato. Sono un uomo e una donna fatti l'uno per l'altra, ma che non possono stare insieme. È un classico tropo romantico, e funziona. La coppia potrebbe essere uscita da un film di Bergman. Le immagini del direttore della fotografia Lukasz Żal (che è stato candidato all'Oscar per il suo lavoro in Ida [+leggi anche:
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intervista: Pawel Pawlikowski
intervista: Pawel Pawlikowski
scheda film]) e le scene d'amore a Parigi, oltre all'ultima metà del film, rimandano alla Nouvelle Vague francese. Qui c’è più energia e libertà rispetto al più classico Ida, e ciò è chiaro nei movimenti di macchina, anche se a volte sembra che il film giri in tondo tanto quanto i personaggi. Gli attori di supporto Agata Kulesza, Jeanne Balibar e Cédric Kahn sono tutti eccellenti, in questa coproduzione franco-britannico-francese di Opus Film, mk2 Films, Apocalypso Pictures e ARTE France Cinéma, in associazione con Protagonist Pictures.
Il film, che è supportato dal Polish Film Institute, il CNC, Film4 e il British Film Institute, è venduto nel mondo da Protagonist Pictures e mk2 Films.
(Tradotto dall'inglese)
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