Recensione: The Dead and The Others
- CANNES 2018: João Salaviza co-realizza con Renée Nader Messora un film sugli indigeni del Brasile di grande poesia visiva ed etnografica, con una drammaturgia impeccabile
![Recensione: The Dead and The Others](imgCache/2018/05/08/1525793424271_0620x0413_0x18x1000x666_1679304459207.jpg)
Per immergerci nel quotidiano di una comunità indigena del nord del Brasile e realizzare The Dead and the Others [+leggi anche:
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scheda film], suo secondo lungometraggio, presentato al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, il lisboneta João Salaviza si è avvalso dell’assistente del suo primo film (la fiction Montanha [+leggi anche:
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intervista: João Salaviza
scheda film]), Renée Nader Messora, anche direttrice della fotografia. Questa collaborazione arricchisce l’immensa poesia visiva del film che comincia e finisce nei pressi di una cascata un po’ magica, nascosta nel cuore di una foresta oscura e maestosa. La bella circolarità del film, tematica in quanto tutto ruota intorno alla nozione di ciclo, dà già un’idea della qualità non solo della poesia ma anche della sua poetica: la drammaturgia è così ben gestita da farci credere che sia tutto finzione.
Il personaggio a cui ci si affeziona sin dall’inizio è Ihjãc, un indiano Kraho che vive con sua moglie e suo figlio in un piccolo villaggio, vicino a questa foresta. Verso la fine del rito del lutto che permette allo spirito del padre di raggiungere i morti, sente la voce di quest’ultimo che lo invita a entrare nell’acqua. Mentre suo figlio di pochi mesi continua incessantemente a piangere, senza che la madre ne capisca il motivo, Ihjãc, preso da questa comunicazione con il defunto e dall’apprensione di dover diventare sciamano (ovvero colui che parla con i morti), vaga assente per tutta la durata del film.
Quando decide, per sfuggire alla presenza che non lo abbandona mai, di partire per la città, questa assenza va a rivestire un altro significato: il contatto con la società brasiliana moderna (che “non capisce gli indiani”, dice lui), gli ricorda quello della sua comunità, che sparisce poco alla volta senza rinnovarsi – “Quando abbiamo ucciso il nostro popolo…” ricorda il nonno, che sembra essere l’ultimo di una generazione che ha smesso di trasmettere i modi di vivere, di pensare e le tradizioni di cui qui si vedono gli ultimi frammenti. Anche se lui teme meno che sua moglie la contaminazione della vita moderna (lei si sente male improvvisamente e rientra al villaggio), sarà la città stessa a rigettare naturalmente Ihjãc, rinviandolo al suo lutto e a quello di tutti i suoi cari.
The Dead and The Others, di cui si nota non soltanto la superba fotografia, ma anche l’abile montaggio e il bel paesaggio sonoro dalla foresta al Brasile contemporaneo, è stato prodotto dalla società di Lisbona Karõ Filmes con la brasiliana Entrefilmes e Material Bruto. Le vendite internazionali del film sono assicurate da Luxbox.
(Tradotto dal francese da Veronica Maiolo)
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