Recensione: Bruce Lee and the Outlaw
di Kaleem Aftab
- Il lungometraggio documentario d’esordio di Joost Vandebrug segue le vite dei bambini senzatetto che vivono sotto la Stazione Nord di Bucarest
Il fotografo olandese Joost Vandebrug documenta la sua fascinazione per le vite condotte dai bambini di strada nei tunnel di Bucarest in libri e fotografie dal 2011, quando incontrò per la prima volta questo gruppo di bambini che si aggirano intorno alla Stazione Nord, che ha soprannominato i "Ragazzi perduti". Da allora, Vandebrug ha sviluppato un attaccamento e un'amicizia con molti dei piccoli, e anche con lo strano adulto che li accudisce, che si fa chiamare Bruce Lee. Il suo debutto nel lungometraggio documentario, Bruce Lee and the Outlaw [+leggi anche:
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scheda film], presentato allo Sheffield Doc/Fest 2018, è l'ultima parte di questa opera in corso, con Vandebrug che utilizza la forma audiovisiva per aggiungere un contesto narrativo alle sue fotografie e per evidenziare come la caduta del comunismo nel 1985, che ha portato alla chiusura di orfanotrofi e bambini che venivano mandati nelle strade, abbia creato una generazione di ragazzi di strada che vivono in condizioni che avrebbero scioccato persino Oliver Twist.
Assumendo all’inizio una prospettiva di osservazione che evita qualsiasi giudizio, le riprese intime catturano la vita di questi monelli e le condizioni anguste nei tunnel. Ci sono cenni di Larry Clark nel modo di inquadrare. L’opera è anche influenzata dal documentario candidato all'Oscar Streetwise (1984), ambientato a Seattle, e ci sono tracce del doc di Mark Smith del 2000, Dark Days.
Il film racconta di come Nicu, un ragazzino mingherlino e fragile con un volto da cherubino e intelligenza di strada, sia preso sotto l'ala di una figura cosparsa di vernice Aurolac, una figura ben nota: l'autoproclamato re dei sotterranei di Bucarest. C'è una fama legata a questo Bruce Lee, come testimoniano i filmati d'archivio sulla sua attività, mentre cerca di rendere la vita di questi ragazzi il più confortevole possibile e viene chiamato "Papà" da molti di loro. L’uomo allestisce anche un "Hotel per i senzatetto" in superficie, un riparo di fortuna da usare in estate, quando fa troppo caldo per vivere nei tunnel. Nonostante la stranezza di Bruce Lee, Vandebrug condivide la simpatia di Nicu per lui, visto che in realtà è disposto ad assumersi la responsabilità di questi bambini abbandonati. A Nicu viene dato il soprannome di "Fuorilegge" (Outlaw) e presto si abitua alla vita in questa banda, mendicando per sopravvivere e sniffando dalle buste.
È quando Vandebrug deve prendere in mano la situazione dopo che Nicu si ammala che il documentario inizia a sorprendere. Un'operatrice di Ong, Raluca, diventa la nuova tutrice di Nicu, e la gioia sul suo volto quando va a scuola per la prima volta è contagiosa. Il film evolve da opera oggettiva a personale, e più sentimentale; eppure la spinta della strada e di Bruce Lee rimane forte. Il regista ha creato il progetto Cinque Lei, un ente di beneficenza registrato in Germania che mira ad aiutare i protagonisti del film a cambiare le loro vite in meglio. L'atto finale del documentario (e il meno soddisfacente) cerca di rispondere alla domanda: chi è Bruce Lee? È un uomo che crede che Michael Jackson sia un profeta, un piccolo criminale... ma è anche una specie di eroe nonostante tutti i suoi difetti? Alla fine, rimane comunque una figura lontana e misteriosa.
Bruce Lee and the Outlaw è una produzione Grain Media e Revolver Amsterdam in associazione con EO/IKON Docs.
(Tradotto dall'inglese)
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