CANNES 2012 Quinzaine des réalisateurs
Grande entusiasmo per la Camille di Noémie Lvovsky
- La Quinzaine si è chiusa con Camille redouble, un film tenero e divertente che catapulta lo spettatore nelle ambientazioni fluo, démodé, e per questo formidabili, degli anni '80
Quando una sala applaude energicamente durante tutti i titoli di coda e ulula di contentezza quando si riaccendono le luci, significa che il film di chiusura è stato scelto bene! Camille redouble [+leggi anche:
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scheda film], di e con Noémie Lvovsky, a metà tra Les Beaux Gosses [+leggi anche:
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scheda film], Profs e Footloose, ha fatto fare al pubblico della Quinzaine des réalisateurs di Cannes un viaggio inebriante e nostalgico in un'epoca che probabilmente è l'ultima ad essere stata percorsa da una sorta di follia.
Il film comincia su un set dove Camille, attrice di serie B alcolizzata e in istanza di separazione dal suo amore di gioventù, deve farsi sgozzare in mezzo a schizzi di sangue finto proiettati ovunque. Della vita che ha costruito fino a quel momento non resta che sua figlia e un anello infilato all'età di 16 anni che Jean-Pierre Léaud, nei panni di un eccentrico gioielliere, provvede a sfilare con l'ausilio di una pinza. Arriva l'ultimo dell'anno e Camille vuole divertirsi, ma quando parte il conto alla rovescia sulle note di Walking on Sunshine di Katrina & the Waves, si sente male e a soccorrerla sarà un'infermiera che la rimprovererà come un'adolescente di aver bevuto e fumato troppo.
Il fatto è che Camille, il cui aspetto agli occhi dello spettatore non è cambiato (cosa che la rende ancora più buffa con la sua gonna a volant, gli scaldamuscoli alla Flashdance e la giacca Bomber rossa), è stata catapultata negli anni '80, al tempo in cui era una ragazzina scapestrata circondata dai suoi genitori, allora ancora vivi, e il suo gruppo di amiche ribelli e sfacciate. Di fatto, quando la madre (Yolande Moreau) la sveglia con la sua voce infinitamente dolce per mandarla a scuola, a nulla serve affermare che lei ha "già dato": Camille è costretta a inforcare la bici con il suo enorme walkman giallo alle orecchie e a prendere, sulle note delle Bananarama, la strada di scuola.
Quello che la protagonista ritrova, e ci fa ritrovare, sono i colori vivi e i look impossibili dell'epoca, le espressioni superate che allora sembravano tanto à la page, i prof di francese esaltati (qui Mathieu Amalric), le frasi da scrivere cento volte in sala castigo e i ragazzi vestiti di jeans che ronzano intorno alle ragazze sentendosi Julien Sorel ne Il rosso e il nero – compreso quello che diventerà il marito di Camille, anche lui buffamente ritratto con il volto dei suoi quarant'anni (quello dell'attore Samir Guesmi).
Certo, la tentazione di cambiare destino e di evitare le ferite di cui Camille a quarant'anni pagherà il prezzo, è forte. Ma mentre riesce a immortalare prima che sia troppo tardi la voce di sua madre sul suo magnetofono, non riuscirà a cambiare il passato, nonostante l'aiuto del professore di fisica (Denis Podalydès), l'unico a credere che lei venga veramente dal futuro. Camille fatica a resistere alle avances del futuro padre di sua figlia, perché nonostante sappia che lui le spezzerà il cuore, la sua insistenza maldestra e le sue manovre timide di giovane perdutamente innamorato le ricordano i motivi per cui lo ha tanto amato e per cui rifarebbe tutto quello che ha fatto.
Al di là del toccante legame madre-figlia che è sempre presente sullo sfondo, la tenera nostalgia di Camille redouble è inevitabilmente legata alla formidabile gioia che il film sprigiona, a questa esuberanza tutta speciale di cui non ci resta altro che il ricordo.
(Tradotto dal francese)
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