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VENEZIA 2018 Settimana Internazionale della Critica

Recensione: M

di 

- VENEZIA 2018: Proiettata alla Settimana Internazionale della Critica a Venezia, la pellicola di Anna Eriksson su Marilyn Monroe sostituisce il glamour della celebrità cinematografica con un’inesorabile sofferenza

Recensione: M
Gail Ferguson e Anna Eriksson in M

Originariamente concepito come un video per un progetto artistico, M [+leggi anche:
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scheda film
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, con la sua combinazione di strane sequenze che seguono tutto tranne che un racconto lineare, non si discosta molto dalla sua natura sperimentale. L’ambientazione non ha riferimenti spazio-temporali e, per rendere il tutto ancora più complicato, il Portogallo è sostituito da Los Angeles. Il film di debutto della finlandese Anna Eriksson (presentato in gara alla Settimana Internazionale della Critica) non è affatto accomodante, soprattutto per il nutrito numero di fan dell’attrice. Le assurdità si susseguono e quello che manca è solo un’altra Stanza Rossa e un nano che parla al contrario. Ciò, a dir la verità, non sarebbe nulla di esageratamente inusuale visto che il film, più che tra i sogni, scava negli incubi della Monroe. 

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Eriksson, musicista assai popolare nella natìa Finlandia, ha dichiarato di aver fatto svariati sforzi per tentare di ristabilire il controllo sul suo operato, che stentava a riconoscere come proprio. Questo può svelarci il motivo per cui dedica tutta se stessa a questo personaggio. Parallelamente, anche Marilyn Monroe veniva privata della possibilità di studiare a fondo i ruoli che le interessavano tant’è che il suo desiderio di rappresentare Grushenka di Dostoevsky fu ridicolizzato invece che accolto. All’interno del film, vi sono scene che, dato il loro estremismo, ci convincono del fatto che Marilyn - o la protagonista a lei ispirata - sia sempre fuori luogo, con la sua poca stabilità sui tacchi. “Quando penso a lei mi viene sempre in mente la violenza” disse la regista poco tempo fa a Cineuropa ed è proprio di violenza che si occupa dato che il corpo perfetto della Monroe sembra causarle nient’altro che dolore. Il film, delicato e allo stesso tempo sorprendentemente potente, non cerca di sedurre - è ritratta debole e malconcia attraverso primi piani spietati che sembrano durare un’eternità - ma ad un certo punto si interrompe e basta. 

Per Eriksson, si tratta del primo progetto e ciò è facilmente riconoscibile in alcuni momenti; ma c’è anche da ammirare il coraggio che l’inesperta regista ha avuto nel “buttarsi” completamente nell’impresa, senza prima tastare accuratamente il terreno. Dopo aver diretto, prodotto, montato e fatto praticamente tutto l’immaginabile per quattro anni, ha deciso di lavorare con attori non professionisti, lei compresa; è innegabile la vulnerabilità della Monroe, rappresentata in maniera totalmente diversa rispetto alla solita immagine che i film “patinati” tentano di riprodurre seguendo il mito e tentando in tutti i modi di azzeccare quella perfetta acconciatura. Cerca di mantenere invariati alcuni tratti distintivi della star - come il suo make-up biancastro, memorabile in Fermata d’autobus, o il suo sospiro - ma allo stesso tempo non si fa alcuno scrupolo a distruggerli uno ad uno. 

M, che oscilla tra miti popolari, scandali e vicende raccontate nei romanzi, non pretende di capire l’essenza di Marilyn, ma si concentra piuttosto sulla persona che ha perso in partenza qualunque battaglia stesse combattendo. E ne è pienamente cosciente. “Abraham, ho dovuto leccare tanti c***i di ebrei per essere dove sono ora”, dice a un certo punto a un tassista ammutolito. “Però alcune volte non riesco a non meravigliarmi di dove sono. Capisci?”. 

Suona schifoso perché lo è. Improvvisamente, quelle labbra rosse perfettamente dipinte appaiono sconcertanti.

M è stato diretto e prodotto da Anna Eriksson, Ihode Management Ltd e Cursum Perficio Production, con il supporto di The Arts Promotion Centre Finland.

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(Tradotto dall'inglese da Laura Comand)

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