email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

BLACK NIGHTS 2018 Concorso

Recensione: Slam

di 

- In prima mondiale nella selezione ufficiale di Tallinn, il film di Partho Sen-Gupta vacilla di tanto in tanto, ma la scena finale è da sola un potente pugno dritto nello stomaco

Recensione: Slam
Danielle Horvat in Slam

Il nuovo film di Partho Sen-Gupta, Slam [+leggi anche:
trailer
intervista: Partho Sen-Gupta
scheda film
]
, proiettato nell'ambito della selezione ufficiale al Tallinn Black Nights Film Festival, parla degli australiani di seconda generazione. Nel film, realizzato quattro anni dopo il suo precedente lavoro, Sunrise [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, e che condivide la sua passione per i tocchi di rosso, un evento tragico strappa via le maschere che le persone indossano comodamente da anni: la scomparsa di una ragazza. Non una ragazza qualsiasi, però, ma Ameena (Danielle Horvat), un'impavida attivista diventata poetessa slam di origine palestinese, che da un po’ di tempo infastidisce certa gente con le sue potenti performance, raccogliendo tanto apprezzamento quanto odio puro e genuino, che è espresso a voce alta e liberamente grazie alla gloriosa invenzione dei social media. Le autorità locali sostengono immediatamente che sia fuggita per unirsi all'ISIS, così spetta alla sua famiglia raccogliere i pezzi mancanti. O meglio, al suo riluttante fratello Tarik (Adam Bakri di Omar).

E questo fa, improvvisamente confrontato con la realtà che ha combattuto così duramente per buttarsela alle spalle, mentre le continue grida di volti arrabbiati in TV, sui giornali o persino nel proprio cortile restituiscono ricordi traumatici di un'infanzia segnata dalla guerra. Ma una storia che sembra essere strutturata intorno a lui trova presto una nuova protagonista: la poliziotta bianca Joanne, anche lei in lotta dopo una tragica perdita. Con i versi della poesia di Ameena sempre sospesi nell'aria, la ragazza assente li afferra entrambi per la collottola, costringendoli a mettere in discussione cose che hanno da poco imparato ad accettare. Questo è il motivo per cui il personaggio di Horvat con gli occhi cerchiati di kohl, sebbene visto per lo più attraverso gli occhi di altre persone, riesce a catturare sempre la nostra attenzione. Indossando un hijab e influenzata da personaggi come Malcolm X e i messaggi di Black Lives Matter, è molesta e affascinante in egual misura, confusa ma in cerca di una risposta. E immersa nel dubbio, anche. Fa tutto ciò che le altre persone semplicemente rifiutano di fare.

Mentre l'interpretazione è spesso legnosa e alcuni dialoghi sono troppo auto-esplicativi ("È tutta colpa del tuo fottuto ego maschile", urla Joanne ad un certo punto, rendendo quasi impossibile non pensare a Mean Girls, rimanendo sconcertati), Slam dà il suo meglio quando semplicemente osserva, specialmente quando Partho Sen-Gupta, che ora vive in Australia, nota cose che gli altri preferirebbero semplicemente non vedere, come il tipo di razzismo che si mescola alla vita di tutti i giorni, e che per questo quasi non riconosci più. Cioè, a meno che alla gente non venga data l’occasione di tirarlo fuori, e ti ritrovi con un bersaglio dipinto sulla schiena. "Pensi davvero di essere un australiano?", gli chiede un vecchio conoscente con rabbia, perfettamente consapevole di qualcosa che Tarik, o meglio Ricky, come viene ora chiamato dalla sua moglie bianca, non è: in questo mondo, basta un falso passo, e torni ad essere "l'altro".

Scritto da Partho Sen-Gupta, Slam è coprodotto da Australia e Francia. Il film è prodotto da Marc Irmer, Tenille Kennedy e Michael Wrenn, di Dolce Vita Films, Invisible Republic e The Koop.

(Tradotto dall'inglese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy