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BLACK NIGHTS 2018 Rebels With a Cause

Recensione: Letters to Paul Morrissey

di 

- L'omaggio bizzarro e giocoso di Armand Rovira al regista americano del titolo regala un piacere inaspettato

Recensione: Letters to Paul Morrissey

Presentato al Tallinn Black Nights Film Festival nella sezione Rebels With a Cause, dopo la sua prima locale al Festival del Cinema Europeo di Siviglia, Letters to Paul Morrissey [+leggi anche:
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intervista: Armand Rovira
scheda film
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di Armand Rovira (da non confondere con Letters to Morrissey di Gary McNair) è molto piacevole da vedere, e riecheggia un po’ gli esperimenti di Guy Maddin con il found footage e sicuramente il suo strano senso dell'umorismo.

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Diviso in cinque lettere, tutte rivolte al cineasta cult Paul Morrissey, meglio conosciuto per la sua affiliazione alla Factory di Andy Warhol e per titoli come Trash (che i filmmaker definiscono un'importante fonte d'ispirazione), vede diversi, per lo più gloriosi personaggi principali condividere apertamente i loro sentimenti, riflessioni e nuove esperienze. È quasi come ascoltare una conversazione sempre più intima di qualcuno in un bar fumoso pieno di intellettuali e di reietti, con il suo brusio lento e silenzioso che ci mette subito a nostro agio e ci intrattiene in egual misura.

Filmate in 16mm da Eduardo Biurrun, le persone che vediamo sono a volte speranzose, a volte rassegnate e talvolta semplicemente alla ricerca di qualcosa, con storie che vanno da un Udo Strauss (Xavi Sáez) che si chiede se Dio possa effettivamente soffrire nei frammenti più bergmaniani di tutti, fino alla vera superstar di Warhol Joe Dallesandro che afferma che "non rimpiangerà mai la sua esperienza con la droga". Il fatto che un'idea che potrebbe facilmente diventare noiosa non lo sia mai in realtà è dovuto principalmente all'attenzione ai dettagli mostrata da Rovira e Saida Benzal (quest'ultima dirige la quarta lettera), nonché a un gran numero di restrizioni cinematografiche. Se è vero che incoraggia la pazzia, il regista sa anche esattamente quando lanciare un gioco di parole senza rovinare una battuta elaborata.

Può sembrare strano descrivere un film come questo "divertente", ma è esattamente ciò che è, con domande filosofiche che si intrecciano con rimandi affettuosi al più grande successo di Warhol e Morrissey, Chelsea Girls, con discussioni sull'importanza dell'eyeliner o anche con uno squalo, bloccato in un acquario, che mantiene i segreti dei suoi visitatori. Con Françoise Hardy che canta in sottofondo e Gloria Swanson che torna in loop a vestire i panni della diva col rossetto rosso in Sunset Boulevard, potrebbe essere uno dei film in bianco e nero preferiti da chi scrive di quest’anno – proprio lì con Cold War [+leggi anche:
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Q&A: Pawel Pawlikowski
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di Paweł Pawlikowski, ma un po' più spensierato.

"Non ho mai voluto essere niente di speciale; volevo solo fare film", ha detto Morrissey una volta, ma come dimostrato da questa piccola gemma, il suo lavoro chiaramente vive, e ispira molti altri a fare cinema.

Diretto e montato da Armand Rovira, Letters to Paul Morrissey è una produzione spagnola di Mintxo Diaz, Jorge Vidal, Yayo Herrero e Rovira stesso per Dynamite Films e From Outer Space.

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(Tradotto dall'inglese)

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