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BERLINALE 2024 Panorama

Recensione: Memorias de un cuerpo que arde

di 

- BERLINALE 2024: Il secondo lungometraggio di Antonella Sudasassi Furniss è un grido liberatorio che unisce differenti generazioni di donne soffocate dalle limitazioni del patriarcato

Recensione: Memorias de un cuerpo que arde

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di Antonella Sudasassi Furniss, presentato in prima mondiale alla 74ma Berlinale nella sezione Panorama, continua un discorso iniziato con il suo primo lungometraggio El despertar de las hormigas [+leggi anche:
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, anche lui selezionato a Berlino nel 2019. In entrambi i film la regista parla delle limitazioni e dei tabu che, soprattutto in America Latina e nei paesi latini più in generale, imprigionano le donne impedendogli di esprimere chiaramente i propri desideri e le proprie aspirazioni profonde. Se il primo film della regista costaricana si concentrava su un personaggio particolare alle prese con la pressione di avere un terzo figlio, preferibilmente maschio, Memorias de un cuerpo que arde si pone l’obiettivo di dar voce a un trio di donne settantenni che parlano, probabilmente per la prima volta in pubblico, del loro rapporto con la sessualità e con il loro corpo in un contesto machista e repressivo.

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Quella che la regista mette in scena nel film è una sorta di conversazione fittizia che avrebbe voluto avere con le sue nonne con le quali non ha mai davvero avuto il coraggio di parlare di intimità. La sfida principale del progetto è quella di dare concretamente vita alle parole, troppo a lungo soffocate, che Ana, Patricia e Mayela hanno osato confidarle senza però volersi mostrare. Una precauzione che gli ha permesso, per una volta, di raccontarsi senza tabu, libere dalle pressioni sociali imposte al proprio genere. Come dice, in modo sincero e liberatorio una delle protagoniste: “è stato molto difficile disapprendere quello che abbiamo imparato dell’essere donna, essere semplicemente un essere umano”.

Ad impersonare le tre voci, nel presente della narrazione, ci pensa l’attrice Sol Carballo che vediamo deambulare all’interno di uno spazio domestico trasformatosi da prigione in rifugio dove vivere una seconda giovinezza finalmente emancipate da costrizioni e tabu. Il film mette in scena le varie fasi della vita delle protagoniste, i loro racconti sinceri e dolorosi (di ambizioni soffocate, violenza domestica e abusi in tenera età), cucendo insieme passato e presente, voce ed immagini. “Il tempo è una bolla, non è lineare”, dice una delle voci narranti come a rammentarci che anche i ricordi fanno parte del presente, un presente eterno che non smettono di trasformarsi. Mai miserabilista ma al contrario sorprendentemente pieno di umorismo, Memorias de un cuerpo que arde rivela il volto nascosto di una società che poco ha concesso (e continua a concedere) alle donne mantenendole in uno stato di completa ignoranza rispetto a tutto ciò che riguarda la sessualità. Una repressione subdola e costante che non è però riuscita a spegnere il fuoco che ancora brucia nel corpo e nel cuore delle tre protagoniste. “Per spegnere il fuoco che mi abita ci vorrebbe un pompiere” dice divertita una di loro.

Intelligenti, resilienti e incredibilmente sincere, le voci che abitano il film ci mostrano che non è mai troppo tardi per reinventarsi riprendendo finalmente in mano il proprio destino. Profetiche sono di sicuro le ultime parole pronunciate da una delle protagoniste: “è il miglior periodo della mia vita perché sono completamente libera”. Orgogliose di poter finalmente dare la propria versione dei fatti, Ana, Patricia e Mayela sono la prova vivente del fatto che l’età non è che una costruzione sociale in più dentro alla quale non hanno proprio intenzione di lasciarsi, ancora una volta, imprigionare.

Memorias de un cuerpo que arde è prodotto da Substance Films e coprodotta da Playlab Films. Il film è venduto all’internazionale da Bendita Film Sales.

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