SARAJEVO 2019 Concorso documentari
Recensione: The Euphoria of Being
- Il vincitore del premio Human Rights di Sarajevo è un documentario a più livelli su un'ungherese sopravvissuta all'Olocausto e una performance di danza basata sulla sua vita
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scheda film] è stato presentato in prima mondiale e ha trionfato alla Settimana della Critica di Locarno pochi giorni prima di essersi aggiudicato il Premio Human Rights nel Concorso documentari del Sarajevo Film Festival. È il primo lungometraggio documentario della regista Réka Szabó, ballerina e coreografa con la sua acclamata compagnia di Budapest The Symptoms.
Questo film fantasioso e spesso commovente combina diversi livelli artistici e narrativi nella storia della 93enne ungherese sopravvissuta all'Olocausto Éva Fahidi. Il segmento di apertura, in cui Szabó chiacchiera con Fahidi dal parrucchiere, mostra la forte connessione tra la regista e la sua materia, sviluppata attraverso il loro lavoro insieme su una performance di danza sulla vita di Fahidi.
Il primo livello del film deriva dal loro iniziale contatto epistolare, dopo che Szabó ha letto il libro di memorie di Fahidi The Soul of Things e si è sentita in dovere di creare un'opera d'arte su di lei. Anche la sopravvissuta di Auschwitz, i cui 49 parenti sono morti nel campo di concentramento, è una ballerina, e seguiamo lei e la regista mentre preparano uno spettacolo con la giovane danzatrice Emese Cuhorka.
Attraverso l’arte della performance, il film traccia un ritratto della sua unica protagonista. Mentre guardiamo Cuhorka e Fahidi sviluppare la danza, dirette da vicino da Szabó, assistiamo a due artiste così tanto avvicinate da questa storia tragica ma coraggiosa, che le loro personalità sembrano iniziare a sovrapporsi. Sia teneri che dinamici, questi segmenti sono intervallati da interviste con la vecchia signora affascinante e saggia.
Oltre ai difficili ricordi del suo passato, alle riflessioni sul fascismo e al modo in cui risuonano oggi, Fahidi offre anche i suoi pensieri su molti altri argomenti. Una testimonianza inaspettatamente sincera in cui la donna condanna suo padre, sostenendo di essere interessato solo al profitto mentre altre famiglie ebree avevano iniziato a fuggire dall'Ungheria già nel 1935, è un doloroso promemoria per il pubblico della spinosa realtà a cui sta assistendo. Questo aspetto crudo è sottolineato dalla focalizzazione del film sull'esperienza di Fahidi come donna ad Auschwitz: spiega che vedere donne nude, sporche, puzzolenti, emaciate raggruppate come sardine in una scatola, incapaci di evitare di toccarsi, aveva influenzato il suo rapporto con la sua femminilità per molto tempo.
La performance, intitolata Sea Lavender, è andata in scena 77 volte a Budapest, Berlino e Vienna al momento del montaggio del film. Durante le loro prove, Fahidi diventa più agile e sicura di sé e sperimenta un rinascimento tardivo grazie alla dedizione emotiva di Szabó e Cuhorka.
Fahidi è una protagonista unica, immensamente carismatica e di mentalità acuta, una donna senza fronzoli che conduce audacemente una vita piena e la cui sopravvivenza rappresenta un coraggioso contrappunto alla tragedia della sua famiglia. Un singolo medium artistico faticherebbe a rendere giustizia alla sua complessa storia; combinando le memorie di Fahidi con la performance e le interviste del documentario, The Euphoria of Being vi si avvicina molto.
The Euphoria of Being è una coproduzione tra le ungheresi Campfilm, The Symptoms, 4Cut Post Digital e la francese Pom'Zed.
(Tradotto dall'inglese)
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