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CINEKID 2019

Recensione: Psychobitch

di 

- Nel film di Martin Lund, ogni riferimento alla canzone tormentone di Ava Max è (forse) puramente casuale

Recensione: Psychobitch

Mostrato di recente al Cinekid nel Concorso miglior film per bambini dopo un buon esito al box office locale, Psychobitch [+leggi anche:
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di Martin Lund non è una versione norvegese della fortunata canzone di Ava Max, anche se la sua protagonista fa del suo meglio per apparire come, in effetti recita la hit, “dolce ma psicopatica”, portando veramente la gente a chiedersi se sia pazza. È, tuttavia, un film veramente piacevole da guardare, una versione ottimista della classica storia d'amore improbabile tra liceali che fa venire in mente Pretty in Pink di John Hughes. Ciò è dovuto principalmente all’abbinamento centrale tra un ragazzo popolare chiamato Marius (Jonas Tidemann), una "risorsa della sua classe" e l'orgoglio dei suoi genitori desiderosi di mettersi in mostra, e Frida (Elli Müller Osborne), una ragazza che non riesce ad adattarsi, o semplicemente sceglie di non farlo.

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Il film evoca Pretty in Pink anche perché, rispetto ad alcuni recenti drammi adolescenziali – come il fenomeno della HBO Euphoria, tutto test anti-droga a sorpresa, app di appuntamenti e dilemmi su Instagram – Psychobitch ha quell'atmosfera innocente, tipicamente hughesiana. Non che i bambini non si interessino qui alle solite zozzerie, non fraintendiamo, ma si chiedono anche se mangiare il gelato in inverno sia sbagliato (e non lo è). A dir la verità, qualsiasi traccia di oscurità qui rimane implicita e si svolge principalmente fuori dallo schermo. I genitori saranno grati.

Questo non vuol dire che Lund rifiuta di vedere i suoi adolescenti – che continuano a indossare come un'uniforme UGG e jeans attillati, e con sopracciglia scolpite approvate dai social media – per quello che realmente sono. In effetti, sono confusi, eppure sorprendentemente concreti quando si tratta di cose che definiscono direttamente il loro status: che si tratti di un ballo scolastico, pianificato con tenacia dalla più devota delle mamme, o della loro prima esperienza sessuale. Tutto questo è supportato da un feedback forte e immediato da parte dei loro compagni, giacché a quell'età, ciò che gli altri pensano è ancora fondamentale, e – chi lo sa? – forse rimane così per sempre. Impariamo solo a nasconderlo un po' meglio.

Se c'è un problema, è che il film rischia di scivolare nel territorio del Manic Pixie Dream Girl, termine coniato per descrivere personaggi femminili “eccentrici” usa e getta, che esistono solo per insegnare a tutti questi giovani sensibili ed educati a “cogliere l’attimo”. Ma Lund fa il possibile per equilibrare la situazione, anche se non convince del tutto, trasformando i maschi adolescenti in veri e propri esseri umani per una volta – il che non è da poco, bisogna aggiungere. È gratificante rendersi conto che il ragazzaccio del film è in realtà una ragazza con gli occhi da cerbiatta, e dannazione, non ha nemmeno bisogno di una bici o di una giacca di pelle.

Con Tidemann che abilmente restituisce il mix di irritazione e fascinazione del suo personaggio Marius, confuso da quasi tutto ciò che fa Frida ma chiaramente divertito dalla situazione – con scambi animati come "Devi proprio essere un'imbecille?" seguito da "E tu, devi proprio essere gentile?” – c'è una vera chimica tra i due, per quanto maldestra. E anche se il film avrebbe potuto andare un po' oltre (alla fine, Frida viene chiamata "psycobitch" nonostante non faccia nulla di tanto "psicopatico", né ci sembra particolarmente "bitch”), è una storia gentile che riesce persino a riprendere con successo una delle gag di Friends (lo "scambio di buone pratiche" quando uno dei ragazzi scorge per errore il seno di una delle ragazze), ma in una versione meno vestita.

Psychobitch è prodotto da Ruben Thorkildsen, di Ape&Bjørn. Il film è distribuito da Norsk Filmdistribusjon, e le sue vendite sono curate da Indie Sales.

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(Tradotto dall'inglese)

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