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TRIESTE SCIENCE+FICTION 2019

Recensione: Bullets of Justice

di 

- Il film post-apocalittico di Valeri Milev manca di cuore, ma non di facce villose

Recensione: Bullets of Justice
Danny Trejo (al centro) in Bullets of Justice

Presentato al Trieste Science+Fiction Festival, Bullets of Justice [+leggi anche:
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del regista di Sofia Valeri Milev inizia in modo piuttosto promettente, con un adeguato duo post-apocalittico (che include il co-sceneggiatore, produttore e compositore Timur Turisbekov, in vera modalità Roger Corman) che cattura un uomo-maiale e immediatamente lo minaccia di "sparargli nel muso". Quindi, dopo pochi minuti, si presenta Danny Trejo, che scava una tomba e tiene in mano un teschio, come in una strana interpretazione di Amleto che chi scrive queste righe vorrebbe sicuramente vedere un giorno, per poi sparire immediatamente, ma non prima di dire che non c'è Dio. Bello, no?

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Aiutato da esposizioni fortemente accentate, a prima vista, la trama sembra abbastanza semplice: durante la Terza guerra mondiale, un progetto segreto chiamato "Army Bacon" è stato avviato al fine di creare super-soldati che i nazisti sognavano da tanto tempo. Questo obiettivo doveva essere ottenuto – che concetto adorabile – allevando le persone insieme ai maiali, solo che le cose sono andate terribilmente storte, e le nuove creature hanno cominciato a schiavizzare gli umani e poi ad allevarli a fini alimentari. Potrebbero effettivamente farlo, tutto sommato.

Invece di attenersi semplicemente al concetto e divertirsi un po' costruendolo (come, diciamo, hanno fatto i creatori del primo Iron Sky [+leggi anche:
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intervista: Timo Vuorensola
intervista: Timo Vuorensola
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), Milev sembra perdere interesse, stipando quanti più personaggi strani e battute volgari possibili nel suo film della breve durata di 76 minuti. Alcune funzionano, generando qualche risatina, ma il problema più grande non è la follia – tutti sono fedeli all'etichetta della cantina Mos Eisley e non sembrano affatto perplessi da ciò o da chi incontrano – ma piuttosto il semplice fatto che l'intera cosa manca di cuore, ma non di peli sul viso, forniti principalmente da uno dei personaggi femminili, un chiaro riferimento agli anni d'oro di Conchita Wurst.

Con i suoi nudi frontali (di nuovo, per gentile concessione del sempre versatile Turisbekov), scene di brutte torture che per lo più non riescono a intrattenere – soprattutto i vegetariani, si suppone – e alcune delle peggiori interpretazioni da The Asylum, le cose qui non si amalgamano abbastanza. Soprattutto nella seconda metà, quando il suo aspetto familiare e desaturato diventa noioso e Milev finisce per suscitare più simpatia per i suoi cattivi che per l'eroe principale, che sembra solo perpetuamente sconvolto. Ma c'è una certa bellezza nel fatto che agli sceneggiatori piacesse il nome di un personaggio – Benedict Asshole – così tanto da doverlo far ripetere a tutti, in ogni momento. E un pensiero va all'attore che trascorre l'intero film con indosso un perizoma dall'aspetto molto scomodo, facendo spaccate davanti a un ventilatore. Ahia.

Coproduzione tra Bulgaria e Kazakistan, Bullets of Justice è prodotto da Timur Turisbekov, e da Michael Kraetzer, Luciano Onetti e Nicolas Onetti per Zenit TT Productions. La sua distribuzione internazionale è guidata da Black Mandala.

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(Tradotto dall'inglese)

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