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DOCPOINT 2020

Recensione: Colombia in My Arms

di 

- Un soggetto interessante è trattato in modo caotico in questo documentario di Jenni Kivistö e Jussi Rastas

Recensione: Colombia in My Arms

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di Jenni Kivistö e Jussi Rastas partecipa all’edizione in corso di DocPoint, dopo la sua prima mondiale al Göteborg Film Festival, nel Concorso documentari nordici. Il documentario mostra il processo di disarmo seguito al trattato di pace firmato nel 2016 tra il governo colombiano e il gruppo guerrigliero delle FARC. Il processo non è stato facile dopo cinquant’anni di conflitto, e poiché non sono state trovate soluzioni immediate, la lotta continua (anche se ora è diversa).

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I giovani registi, che hanno trascorso del tempo in Colombia, sono ambiziosi: passano dalla giungla al parlamento, pieno di politici annoiati e assorti sui loro telefoni cellulari. Non ci vuole molto per capire che, nonostante le belle parole, gli accordi egoistici sono più importanti della vera pace; e il potere rimane ancora nelle mani di pochi, quindi nulla di nuovo. Ma per ogni buona scena o citazione sorprendente di A cena con un cretino o dello zuccheroso Il favoloso mondo di Amélie [+leggi anche:
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di Jean-Pierre Jeunet, con qualcuno che dice di voler "essere come quel film in cui le persone cercano di fare del bene in diversi modi", c'è qualcosa che non convince.

Non è facile criticare un film che è stato annunciato come "un ricordo di coloro che hanno perso la vita a causa del conflitto armato o della difesa della pace in Colombia", ma risulta molto più lungo dei suoi 90 minuti di durata. Per non parlare del caos, poiché il duo alla regia cerca di abbracciare molteplici prospettive sacrificando la profondità della narrazione, nonostante un inizio promettente che mostra i sentimenti contrastanti di persone che ancora puliscono i loro fucili prima di consegnarli in cambio di integrazione politica. Di conseguenza, il campo è affollato, pieno di sigarette e nuove acconciature; ma anche lì, ci sono troppe immagini stilizzate di armi, che poggiano contro gli alberi o vicino a un tubetto di dentifricio, così fotogenico. Come se qualcuno avesse bisogno di un ulteriore promemoria del fatto che, durante tutti questi anni, sono stati usati frequentemente.

Il tutto non sembra neanche un film, giacché c’è chi si scorda di non guardare in camera e uno di loro è palesemente convinto di partecipare a un film di gangster di Martin Scorsese, pronunciando frasi pretenziose che non suonano vere. È un peccato, dal momento che Kivistö e Rastas riescono a introdursi in alcuni luoghi interessanti, ma il loro film sembra più un reportage televisivo. "Il trattato di pace non significa che siamo già al potere", è una delle frasi ovvie, e più conosci questo tema, più fai fatica a provare emozione.

Colombia in My Arms è prodotto da Markku Tuurna per la finlandese Filmimaa, con la norvegese Medieoperatørene, la danese Hansen & Pedersen Film og Fjernsyn e la francese Les Films d'Un Jour. Il film è realizzato in collaborazione con Yle, France Télévisions, DR2 e NRK.

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(Tradotto dall'inglese)

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