Recensione: Gli anni più belli
- Gabriele Muccino mette in scena i suoi amati personaggi della classe media e conferma la sua qualità di regista e di direttore di attori con una storia di amore e amicizia nell’arco di 40 anni
Dall'adolescenza all'età adulta, quattro amici si perdono, si ritrovano, si amano, si perdono e si ritrovano di nuovo. Con Gli anni più belli [+leggi anche:
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scheda film], Gabriele Muccino mette in scena ancora una volta i suoi amati personaggi della classe media, pedinandoli nell’arco di 40 anni, dal 1980 ad oggi, e scandendo le loro vicende con i grandi accadimenti della Storia con la s maiuscola: la fine degli anni di piombo, la caduta del Muro di Berlino, la stagione di Mani pulite, le Torri Gemelle dell'11 settembre, l’ascesa politica del Movimento 5 stelle. Riferimento esplicito del film è C'eravamo tanto amati il capolavoro di Ettore Scola del 1974 che percorreva 30 anni di storia italiana e, come in una scatola cinese, a sua volta rendeva omaggio al cinema di Antonio, Fellini, Rossellini, Resnais.
Protagonisti sono tre maschi – Giulio, Paolo e Riccardo (Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart e Claudio Santamaria, che si ritrovano assieme a 15 anni da Romanzo criminale [+leggi anche:
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intervista: Michele Placido
scheda film]) – e una donna – Gemma (Micaela Ramazzotti) –, legati dall’amore e dall’amicizia ma ognuno segnato dalla propria traiettoria. Li vediamo a 16 anni (interpretati da Francesco Centorame, Andrea Pittorino, Matteo De Buono e Alma Noce) alle prese con le violenze di piazza negli scontri tra studenti e polizia. Colpito da una pallottola e poi scampato alla morte, Riccardo verrà soprannominato Sopravvissuto. Sognatore, con genitori hippies, lavori precari (attore e giornalista di cinema!) andrà incontro ad un matrimonio fallimentare con Anna (la cantante Emma Marrone), che gli porterà via il bambino. Gemma, rimasta orfana, è la Cenerentola che fa girare la testa ai ragazzi. E’ la donna amata da Paolo e Giulio, che se la contenderanno in periodi diversi. Fragile, ai limiti dell’autodistruttività, Gemma è alla continua ricerca di un’esistenza felice. Paolo, idealista engagés, diventerà un professore di latino e letteratura senza ambizioni, soffocato dal rapporto con la madre. Giulio infine, nato in una famiglia umile, diventa brillante avvocato in difesa dei diritti dei più deboli, per poi cedere rapidamente al richiamo del denaro e del riconoscimento sociale. Ma nonostante “l'anima a brandelli, le cose che ci fanno stare bene sono sempre qui”, come recita la canzone inedita di Claudio Baglioni che si ascolta sui titoli di coda.
Muccino conferma la sua qualità di regista e di eccellente direttore di attori e Gli anni più belli non deluderà il suo pubblico, grazie anche all’interpretazione del cast. E questo nonostante la costante concitazione e le scene madre, che pure sono il suo marchio di fabbrica, alcune sdolcinatezze e metafore pretestuose (la passione per gli uccelli, simbolo di libertà, il viaggio con la Mercedes-Benz SL 450), una sceneggiatura (firmata con Paolo Costella) troppo “al maschile” che semplifica e banalizza la figura di Gemma. Ma la padronanza dello spazio scenico, l’originalità delle inquadrature e dei movimenti della macchina da presa regalano dei piani sequenza che precipitano emotivamente lo spettatore nella storia e lasciano nella memoria alcune scene indelebili. Come la sequenza di Gemma che sale di corsa le scale tracciando la time-line della sua vita.
Con un budget di otto milioni di euro, Gli anni più belli è prodotto da Lotus, società della Leone Film Group, con Rai Cinema e in associazione con 3 Marys Entertainment. Le vendite estere sono curate dalla francese Elle Driver. Il film sarà nelle sale italiane con 01 da oggi, 13 febbraio, vigilia di San Valentino.
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