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INDUSTRIA / MERCATO Europa

Produzione post-Covid, tra scouting digitale e riprese in studio

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- Cinema & Video ha chiesto a location managers, line producers e film commissioners quali sono le tendenze che modificheranno l’industria delle location e della produzione per i prossimi anni

Produzione post-Covid, tra scouting digitale e riprese in studio
(sx-dx, dall'alto verso il basso) Adam Krentzman, Geoff Wilcock, Arie Bohrer, Milica Bozanic e Mick Ratman

Incertezza. E’ ancora la parola chiave per descrivere la situazione del mondo della produzione “fisica” dell’industria audiovisiva a livello mondiale. Naturalmente ovunque sono in corso tentativi da un lato per riprendere l’attività produttiva, soprattutto da parte di territori (Islanda, Europa dell’Est, Nuova Zelanda) che hanno avuto fortuna e merito nella gestione dell’epidemia (o, almeno, di questa prima ondata di Covid-19), dall’altro di rendere operative misure e protocolli di sicurezza per sopralluoghi e lavoro sui set.

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Ci sono tentativi di cooperazione/armonizzazione dei protocolli e delle “best practices” (ad esempio i "Dieci Comandamenti per girare in sicurezza" [leggi qui], elaborati dall’Associazione dei produttori audiovisivi della Repubblica Ceca-APA, fatti propri anche dall’European Film Commission Network) a cui fanno riscontro movimenti di “posizionamento competitivo”: l’Islanda ha usato a piene mani una specie di “endorsement” di Netflix che ha ricominciato le attività di produzione (peraltro a troupe ridotta) proprio nel Paese nordico; la Slovacchia pubblicizza l’ininterrotta attività dei suoi set e la deroga per l’uso della mascherina per gli attori, e dall’altra parte dell’Oceano, lo Stato del Montana prova a rilanciare i suoi Montana Studios a Hamilton, facendo notare (Lynn-Wood Fields, marketing manager degli studios sul Los Angeles Times) come “il numero di morti e di contagiati nello Stato sia molto più basso di quelli della Nuova Zelanda”. Una concorrenza legittima, anche se non esattamente elegante, su morti e contagiati come prima si faceva con fondi e incentivi.

In realtà è forse più interessante capire se si possono intravedere tendenze che modificheranno in profondo il panorama dell’industria delle location e della produzione per i prossimi anni. Lo abbiamo chiesto a professionisti che a vario titolo se ne occupano (location managers, line producers, film commissioners, tecnologi). Partiamo dal processo di scelta delle location. E’ possibile che si assista a un crescente ricorso a “scouting digitale” immersivo e con uso di tecnologie di realtà aumentata/virtuale? “E’ una tendenza che già c’era – ci dice Geoff Wilcock, scozzese, manager di OpenBrolly.com, una delle prime società specializzate nella digitalizzazione di location e delle procedure della logistica audiovisiva – vedremo sempre più scouting in condivisione digitale e virtuale. Stiamo già assistendo all’approntamento di pacchetti di scouting digitale elaborati in collaborazione con i reparti scenografia delle produzioni”.

Arie Bohrer, direttore di Location Austria si sbilancia meno. “La presentazione digitale delle location aumenterà di sicuro, ma non sostituirà per ora la necessità di una presenza fisica degli incaricati della produzione per una decisione finale”. E sulla stessa lunghezza d’onda è Adam Krentzman, navigato produttore, produttore esecutivo, e con una carriera da super-agente della CAA alle spalle.

Chi ha fatto un ottimo e approfondito lavoro, operativo e di riflessione, su questi aspetti è la Serbia Film Commission. “I team di produzione – dice a Cinema e Video International Milica Bozanic, direttrice esecutiva della SFC – sono consapevoli che dovranno dedicare più tempo e attenzione ai dettagli nella fase di scouting, nella quale si devono usare le stesse precauzioni richieste per la produzione. Io sostengo fortemente le innovazioni digitali legate allo scouting. Lo scouting remoto è già possibile con l’uso di camere a 360 gradi, gli scenografi già iniziano a usarle, ma naturalmente bisogna guadagnare progressivamente il consenso di tutti gli attori-chiave del processo creativo per coinvolgerli nelle decisioni prese usando spazi virtuali”.

Uno degli scenari ipotizzabili post-Covid in termini di location è una preferenza per scelte “protette” e controllabili, come un maggiore utilizzo di studios rispetto alle location esterne. “E’ certamente una tendenza in atto, con utilizzo sempre più intenso e sofisticato di background per simulare locations”, osserva Bohrer. “Girare in studio può essere una soluzione in termini di controllo – è l’opinione di Adam Krentzman – ma qui in USA per una questione di costi non sarebbe praticabile da molte produzioni indipendenti”.  Per Milica Bozanic il trend è chiaro: “Tutti i progetti che stanno ripartendo qui da noi sono girati in studio o in un’unica location chiusa. Con i nuovi metodi che devono adottare le troupe è più facile mettersi in sicurezza se non devi muoverti tra diverse locations. E questo anche per una questione di risparmio sui tempi di produzione, che già vengono dilatati dalle precauzioni sanitarie”.

Tutto questo potrebbe puntare nella direzione di una possibile ri-centralizzazione delle produzioni, sia in termini internazionali che all’interno dei singoli Paesi, modificando un trend che, anche grazie a Film Commissions e agli incentivi regionali e locali, si era affermato negli ultimi anni.

Per i set l’attività “normativa” è in pieno sviluppo e non ancora assestata. Ad esempio proprio in questi giorni le autorità dei municipi (“boroughs”) di Londra pubblicheranno le linee guida per tornare a girare nelle strade della capitale britannica. Al di là di quello che rappresenta ormai la nuova normalità per qualsiasi settore produttivo (mascherine, gel, distanziamenti, controllo della temperatura corporea), in genere le previsioni sembrano essere orientate a una serie di “raccomandazioni” più che di imposizioni, da parte delle autorità. Ma l’applicazione e la certezza del rispetto delle stesse nelle procedure di set potrebbe avere una importanza fondamentale nella questione oggi considerata decisiva in quasi tutti i Paesi e certamente per le grandi produzioni internazionali, cioè quella assicurativa. Da qui la previsione, in molti protocolli, di una nuova figura di produzione, quella del “Covid Specialist” o “Safety Monitor”, responsabile della corretta applicazione dei protocolli di sicurezza. E che crea anche qualche perplessità  tra gli addetti ai lavori.

”E’ una sciocchezza – dice convinto Mick Ratman, decano dei Location Manager del Regno Unito – esiste già la figura di un responsabile salute e sicurezza sul set. Molte produzioni non potranno permetterselo”. Per Ratman si dovrà evitare anche la iper-regolamentazione se non si vogliono bloccare le produzioni “Se dobbiamo applicare procedure sui set più rigide di quelle in uso negli ospedali e nelle strutture sanitarie, non ne usciremo”.

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