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DOCAVIV 2020

Recensione: Love It Was Not

di 

- Il lungometraggio documentario della regista israeliana Maya Sarfaty racconta l'incredibile storia d'amore tra una prigioniera ebrea e un ufficiale delle SS ad Auschwitz

Recensione: Love It Was Not

La regista israeliana Maya Sarfaty vinse lo Student Academy Award per il miglior documentario straniero con il suo lavoro del 2016 The Most Beautiful Woman. La storia del cortometraggio su Helena Citron, una prigioniera ebrea ad Auschwitz che ebbe una relazione romantica con uno degli ufficiali di alto rango delle SS nel campo di concentramento, Franz Wunsch, è ora il soggetto del lungometraggio documentario di Sarfaty Love It Was Not, che è stato presentato in anteprima mondiale nella competizione israeliana di Docaviv.

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Una delle prime immagini del film, che consiste interamente di interviste, filmati d'archivio e fotografie, è la più sconcertante: una donna giovane e carina, che sorride alla telecamera mentre indossa la famigerata uniforme di Auschwitz a strisce. Avendo vissuto a Humenné nell'attuale Slovacchia, Helena fu tra le prime donne ad essere mandate al campo nel 1942, insieme ad un altro migliaio di cecoslovacchi.

Testimonianze di altri prigionieri, e della stessa Helena, estratte da precedenti interviste televisive (morì nel 2007), raccontano come Wunsch la notò mentre lei cantava per gli ufficiali tedeschi. Molti degli intervistati lo consideravano un vero amore: l’attrazione era reciproca. Grazie a questo, Helena e le sue amiche più care nel campo di concentramento finirono per lavorare nella caserma "Kanada", di gran lunga il posto migliore (o meno brutto), dove smistavano gli effetti personali delle persone inviate alle camere a gas, e furono in grado di prenderne un po' per sé.

La sua relazione con Wunsch è stata, ovviamente, determinante in questo, e l'ha anche aiutata a salvare la vita di sua sorella Roza, ma non le vite dei figli di Roza. Ciò ha reso le relazioni delle sorelle complesse e travagliate per tutta la vita di Roza, che si è conclusa nel 2005, e il film ha un intero capitolo dedicato a loro.

A un certo punto, lo spettatore inizia a pensare a Wursch in termini positivi, a causa del suo affetto per Helena e della conseguente indulgenza mostrata a chi le è vicino. La sua idea di tagliarle la testa dalla foto di Auschwitz e metterla sulla testa di una donna in vacanza, diciamo, a Venezia, o incollare la sua testa e anche la propria su foto di persone in circostanze neutre, può sembrare romantica, un'evasione. Ma anche il più grande apologeta sarà dissuaso dal simpatizzare con il nazista dopo aver ascoltato le testimonianze del suo sadismo nei confronti degli altri prigionieri.

Negli anni '60, Simon Wiesenthal avvertì le autorità austriache di circa 70 ufficiali delle SS di Auschwitz che vivevano liberamente nel paese. Solo quattro di loro furono portati in tribunale e lo stesso Wursch fu processato nel 1972. Helena fu invitata come testimone, e venne a "dire la verità, tutto il male e tutto il bene", come dice lei. Questo segmento, che occupa l'ultimo terzo del film, è per molti versi il più emozionante: rivela non solo i sentimenti sinceri di Helena e Roza, ma anche quanto fosse difficile ottenere una condanna per crimini nazisti in Austria all'epoca. Potrebbe essere un ottimo argomento per un documentario a sé stante.

L'approccio di Sarfaty al documentario è molto tradizionale, con interviste a mezzo busto e un uso creativo delle fotografie, non dissimili dai collage di Wunsch, a volte combinati con modelli di Auschwitz per creare una tensione drammatica, insieme all'uso costante della musica, in particolare degli archi. La narrazione è avvincente e la regista si concentra saggiamente sugli obiettivi chiave in modo graduale e attento.

Love It Was Not è una coproduzione dell’israeliana Yes Docu e dell’austriaca Langbein & Partner Media. Cinephil detiene i diritti internazionali.

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(Tradotto dall'inglese)

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