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BRIFF 2020

Recensione: Cosmogonie

di 

- Vincent Paronnaud immagina una favola primitiva che evoca sia lo slasher che il survival, offrendo un'affascinante inversione di ruoli e generi

Recensione: Cosmogonie
Lucie Debay in Cosmogonie

L’uomo è un lupo per la donna, tranne quando la donna invoca il potere del lupo... Cosmogonie inizia con una storia davanti al fuoco, una storia spaventosa, un racconto popolare originale che pone le sfide del presente e le grandi linee di ciò che verrà...

Pochi minuti dopo, troviamo Eva, appoggiata al bancone di un locale notturno: un ballerino gentiluomo, un mascalzone, un salvataggio e qualche drink più tardi, si ritrova con il suo attraente ballerino sul sedile posteriore di un'auto. Ma l'atmosfera dell’abitacolo cambia drasticamente quando si sente il clic della serratura della portiera. Eve è intrappolata. Si preannuncia una lunga notte, nel cuore di una profonda foresta nera...

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di Vincent Paronnaud (mostrato questa settimana al Brussels International Film Festival, dopo essere stato svelato al festival canadese Fantasia, che si è svolto online) ha il sapore di una favola, crudele e primitiva, la storia senza tempo e universale dell'uomo predatore, la cui prima preda è la donna disperata. Ma gli occhi da cerbiatta di Eve (Lucie Debay) assumono rapidamente una tonalità inquietante. Dapprima persa nella foresta, vi trova rifugio, un rifugio fisico ed esistenziale. Eve inizia fuggendo, spinta dal suo istinto di sopravvivenza. Ma a poco a poco sopravvivere non basta. Decide di vivere, e non solo un poco. Ragazza selvaggia, forte del potere degli alberi e della foresta, combatterà.

Di fronte a lei, Arieh Worthalter è l'Uomo. Passa da gentiluomo a canaglia con una naturalezza sconcertante. Fa sua con intensità e disinvoltura questa figura essenziale del cinema, l'assassino psicopatico. Crudeltà, ghigno sardonico, risate folli, di tutto e di più, fino al grido primordiale, quel grido condiviso con Eve, in un colpo di scena narrativo che vede il cacciatore diventare preda.

La magnifiche immagini del DoP belga Joachim Philippe, di notte e di giorno in questa foresta di fiaba crudele, immerge lo spettatore nella storia insieme ai protagonisti e all'imponente bestiario che infesta il film, evidenziando l'animalità di questi umani che lottano per la loro sopravvivenza. Una menzione speciale va ai tocchi di rosso e blu che punteggiano il racconto, e che ricordano i primi amori del regista, autore di fumetti (Pinocchio, Premio Miglior album al prestigioso Festival del fumetto di Angoulême) e regista di film d'animazione (ha co-diretto con Marjane Satrapi Persepolis [+leggi anche:
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), che qui si lancia allegramente nelle riprese live-action, divertendosi con un cinema di genere di cui manipola e potenzia i codici.

Cosmogonie si rivela un tesoro inaspettato, ma non per questo meno potente per i suoi due attori principali, due scommesse sicure del giovane cinema belga. Debay muta letteralmente, trasformandosi in una donna dei boschi pian piano sopraffatta dalla rabbia e dalla furia. Worthalter colpisce per la facilità con cui compone un autentico e incandescente cattivo cinematografico, il cui sguardo disturbato torna in mente nelle notti insonni. Due performance in perfetta sintonia, in un genere in cui non erano da dare per scontate.

Il film è prodotto dalla società belga Wrong Men e dalla società francese Kidam, e coprodotto in Irlanda da Savage Productions. Venduto nel mondo da Charades, il film ha già venduto i suoi diritti americani a Shudder (AMC Network).

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(Tradotto dal francese)

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