Recensione: Final Report
di David Katz
- L'ultimo lungometraggio del veterano regista ungherese István Szabó è una pacata contemplazione della vecchiaia
C’è un’inquadratura in Final Report [+leggi anche:
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intervista: István Szabó
scheda film] che ricorre costantemente e che, a descriverla, pare l’introduzione di una barzelletta. In vari punti della storia, vediamo l'immagine divertente di un medico (Klaus Maria Brandauer) e un sacerdote (Károly Eperjes) seduti l'uno di fronte all'altro su una fragile barca a vela ondeggiante su un piccolo lago paludoso. Si scambiano alcuni commenti asciutti; la barca è il santuario che permette loro di fuggire dal loro piccolo villaggio ungherese, che entrambi odiano. Il tono, che va dal condiscendente all'ironico, è presente in tutto il film. Final Report, il nuovo film di István Szabó, è stato presentato lo scorso febbraio nel suo paese d'origine, l'Ungheria, e ieri nel concorso principale del Festival Black Nights di Tallinn.
Final Report è soprattutto un film di fine carriera, un'opera autocosciente e autoreferenziale che funge da sintesi del percorso cinematografico del regista. Szabó ha iniziato la sua carriera con film piccoli sulla vita in Ungheria, prima di dedicarsi a progetti più ambiziosi come Mephisto (che ha ricevuto l'Oscar per il miglior film straniero) e Colonel Redl, con la sua musa ispiratrice, l'attore tedesco Klaus Maria Brandauer. Qui Brandauer torna nei panni di un professore di medicina licenziato, costretto a tornare nella sua città natale per lavorare. L'analogia con lo status di Szabó nell'universo cinematografico è inconfondibile, e il “rapporto finale” si riferisce tanto all'opinione del cineasta sullo stato della società odierna e, in particolare, dell'Ungheria moderna, quanto al suo vivace e appassionato protagonista.
La prima parte del film è convincente e si svolge come una pepata commedia borghese sulle umiliazioni della terza età, come quelle prodotte negli ultimi anni in Gran Bretagna, con i suoi attori veterani (Le Week-End [+leggi anche:
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scheda film]). Brandauer (il nome del suo personaggio, Ivan Stephanus, è un'allusione al regista) viene assurdamente demansionato: a quanto pare sono stati spesi troppi soldi per la ricerca medica. Sua moglie (Dorottya Udvaros) è una famosa cantante d'opera, un'altra industria che ha bisogno di sussidi statali. L'unica opzione di Ivan è tornare nella sua città natale come medico locale, dove anche suo padre praticava (il padre di Szabó era pure un medico).
Successivamente, emerge la natura indulgente del film: nel villaggio viene accolto con disprezzo e gelosia, trovando un avversario nella figura sfuggente del sindaco (András Stohl), che non intende pagare le attrezzature mediche necessarie e vuole trasformare il luogo in una trappola per turisti. Molti grandi film autoreferenziali hanno un elemento di autocritica; in questo caso Ivan è quasi una divinità che rappresenta il buono e il sofisticato, l'ultimo baluardo contro un paese dall'animo malato. Nel punto più retrogrado, tutte le donne (tranne sua moglie), dalla sua assistente alla direttrice del coro della chiesa (Éva Kerekes), cadono tra le sue braccia, facendo di lui il Don Giovanni della cittadina.
Final Report è sincero nel suo proposito, poiché cerca di tracciare una linea dalla coscienza politica dei primi lavori di Szabó alla critica sociale contemporanea, nello stile poetico di Il posto delle fragole. Ma il suo difetto è che lascia che uno scherzo arguto sulla corruzione si trasformi in un sermone autoindulgente.
Final Report è una produzione ungherese guidata da Film Street e Filmkontroll. Le vendite internazionali sono curate da NFI World Sales - National Film Institute Hungary.
(Tradotto dall'inglese)
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