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CPH:DOX 2021 Nordic:Dox Award

Recensione: Raising a School Shooter

di 

- Attenzione: Frida e Lasse Barkfors attingono al peggior incubo di ogni genitore. Per la terza volta

Recensione: Raising a School Shooter

Frida e Lasse Barkfors non conoscono pietà: dopo gli eloquenti Pervert Park [+leggi anche:
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e Death of a Child, il duo di registi danesi ha deciso di affrontare il tema delle stragi nelle scuole superiori, concentrandosi sui genitori dei giovani autori. Dopo gli attacchi, si ritrovano ad affrontare più domande che risposte, vengono additati all'interno delle loro comunità e si chiedono se sia meglio comunicare con le famiglie delle vittime o con i loro figli, se sono sopravvissuti.

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Insomma, è una situazione difficile. Come mostrato nelle conversazioni con tre diverse persone nell'altrettanto eloquente Raising a School Shooter [+leggi anche:
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, che ha avuto la sua prima mondiale nella sezione Nordic:Dox del CPH: DOX di quest’anno, la reazione è sempre la stessa: la colpa va sempre innanzitutto ai genitori. Se accettiamo la logica secondo cui i mostri non nascono, ma vengono allevati, allora deve essere responsabilità dei genitori. Tuttavia, le persone con cui parlano i Barkfors sono apparentemente amichevoli e calme, con una vita familiare con pochi o nessun trauma (ad eccezione di un padre assente, che condivide alcune opinioni sul suo divorzio).

In ogni caso, man mano che approfondiamo le storie personali, le scuole e il bullismo incontrollato sembrano essere un problema molto più grande. Ciò può essere dovuto al fatto che i genitori non vogliono credere di aver fatto qualcosa di sbagliato, il che è comprensibile. O forse è la verità: in una scena in particolare, un genitore visibilmente sollevato ricorda il momento in cui un altro ragazzino ha ammesso di essere stato maltrattato, proprio come suo figlio. Ma questi genitori si sentono pur sempre in colpa per non aver ascoltato, per non aver prestato più attenzione e per non aver realizzato che qualcosa di brutto stava accadendo proprio sotto il loro naso. Se c'è qualcosa che sembra collegare tutti i giovani autori di sparatorie nelle scuole, è che non chiedono aiuto né parlano dei loro problemi, tanto meno con i loro genitori.

Tenendo conto dell'esposizione mediatica che questi tipi di eventi di solito hanno, è quasi un sollievo che i registi decidano di non andare in quella direzione. Il film non utilizza immagini dei telegiornali e non mostra i volti dei responsabili. Come nel recente Mass, presentato al Sundance e che tratta un tema simile, vediamo solo genitori distrutti. Camminano dando le spalle alla telecamera, riordinando le loro case e parlando di un ragazzo che sembra avere ben poco a che fare con l'assassino di cui parla la stampa. Il film diventa ripetitivo dopo un po', ma le sue storie hanno un impatto enorme, anche senza ausili visivi. È il caso di una madre che, dopo aver scoperto che suo figlio potrebbe essere dietro al massacro alla Columbine, "prega che muoia" se è stato davvero lui, per poi decidere di cremare il suo corpo, per paura che qualcuno gli faccia del male. O il caso dei vicini che portano cibo ai genitori, non sapendo come comportarsi quando il figlio di qualcuno commette un atto del genere.

Questa stessa semplicità è ciò che fa sì che il film offra un approccio rispettoso e delicato su un argomento che è stato sfruttato fino alla nausea dal sensazionalismo. Non è infatti necessario mostrare la violenza per comprendere l'indescrivibile orrore di prendersi cura di un figlio e poi scoprire che "è stato lui". Dover sedere in tribunale, ascoltare quanto è stato terribile e affrontare le "molestie" verso la propria famiglia. "Mio figlio è un assassino e questo non cambierà", dice un padre. È vero. Ma si riferisce ancora a lui come a suo figlio.

Raising a School Shooter è prodotto dalla danese Final Cut for Real, la svedese De Andra Film, la francese Les Films Grain de Sable, la belga Visible Film e la svedese Film i Skåne. Le vendite sono curate da DR International Sales.

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(Tradotto dall'inglese)

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