email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

HOT DOCS 2021

Recensione: Blue Box

di 

- Nel suo documentario, Michal Weits approfondisce la vita del suo bisnonno Joseph, l'uomo che ha orchestrato l'acquisizione e l'espropriazione della terra palestinese

Recensione: Blue Box

Blue Box, il documentario d’esordio della produttrice e allieva della Sam Spiegel Film and Television School Michal Weits, è stato presentato nella sezione World Showcase del festival Hot Docs di quest’anno. È la storia di una sofferenza atroce, che coinvolge almeno tre parti: i membri della famiglia Weits, gli israeliani e i palestinesi.

In Blue Box, Weits decide di approfondire l’ambiguo passato del suo bisnonno Joseph, l’uomo noto per aver orchestrato l’acquisizione e l’espropriazione della terra palestinese. La ricerca della regista inizia con la lettura dei diari di Joseph: 5.000 pagine che contengono un vasto racconto della sua vita e che abbracciano circa 80 anni di storia. Weits adotta un approccio abbastanza classico, alternando i mezzibusti dei membri della sua famiglia, a una notevole quantità di filmati d’archivio, fotografie, a una colonna sonora originale e ricca di atmosfera (per gentile concessione di Benoit Charest) e a una sequenza temporale vivace per aiutare gli spettatori a tener più facilmente traccia del passare del tempo. Inoltre, una voce fuori campo riferisce sia le riflessioni stesse di Michal, sia alcuni estratti dei diari di Joseph, resi attraverso la lettura asciutta dell’attore Dror Keren.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Il documentario si apre con varie immagini di una grande foresta. A un certo punto, la voce della regista afferma: “Mio padre mi portava spesso in campagna. Durante il tragitto, ci fermavamo di fronte al meraviglioso, verde panorama e mi raccontava la storia della nostra famiglia. Mi indicava i tre profili delle montagne e mi diceva: ‘Vedi tutto questo? Tuo nonno ne è il responsabile’. Infatti, Weits era il capo del Dipartimento di Scienze forestali del Fondo Nazionale Ebraico e ha organizzato la nota campagna Blue Box, che ha riscosso successo a livello internazionale per il crescente sostegno dato all’espropriazione e alla forestazione della terra palestinese. Sin dalle prime scene del documentario, riusciamo a comprendere quanto sia gravante, scomoda e ineluttabile l’eredità di Joseph sul destino della famiglia.

Michal accompagna gli spettatori in un viaggio intenso, rivelando molti dettagli riguardo la massiccia acquisizione di terre che alla fine ha portato alla creazione dello Stato di Israele che conosciamo oggi. Quindi, diviene presto chiaro che gli alberi piantati dal Fondo Nazionale Ebraico, non rappresentavano solamente il presupposto per dare il via alla nascita della nazione; ma hanno anche costruito le fondamenta del pluridecennale e irreconciliabile conflitto tra le due parti belligeranti. Durante l’intero processo di ricerca, Michal esplora il passato ambiguo del suo bisnonno con fare inquisitorio e genuinamente curioso. Il suo approccio le permette di fornire una narrazione piuttosto bilanciata, poiché supera il suo “istinto di base”, ignorando cosa è successo e ponendo l’attenzione sulla ancor più vasta narrazione epica degli eroici pionieri che hanno raggiunto una terra vuota e dimenticata e hanno costruito il loro Stato da zero. Sebbene a un livello più superficiale, e limitato dall’immenso sforzo dei personaggi nel parlare di delicati affari di Stato e di famiglia di fronte a una telecamera, è ben visibile anche il sentimento di vergogna, preoccupazione, dolore e persino comprensione che i discendenti ancora in vita di Weits provano nei confronti delle sue azioni.

Blue Box purtroppo è più tempestivo che mai, poiché il numero di vittime e la violenza tra Israele e Gaza si intensificano. Se stai leggendo questa recensione e speri di vedere il film alla ricerca di una maggiore chiarezza, puoi star certo che non la troverai. Il documentario della Weits pone varie domande – molte delle quali restano senza una risposta – e il finale ne solleva di nuove, ancora più scomode. Tuttavia, la sua socratica esplorazione del dubbio rende il tutto sufficientemente coinvolgente e fascinosamente sfuggente.

Blue Box è prodotto dalle società israeliane Norma Production e yesDocu, dalla canadese Intuitive Pictures, dalla belga Off-World, ed è una coproduzione di NHK, CBC/Radio Canada, Knowledge Network, Canvas, VPRO e RTS. La Cinephil di Tel Aviv si occupa delle vendite internazionali.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dall'inglese da Chiara Morettini)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy